mercoledì, Aprile 24, 2024
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PALAZZO DURINI E LA FONDAZIONE OMONIMA

di Carlo Radollovich

Si tratta di una dimora assai elegante, eretta in via Santa Maria della Valle, la quale apparteneva originariamente a Giovan Battista Durini, Conte di Monza, il cui progetto fu elaborato dall’architetto Francesco Maria Richini (1584 – 1658) già capomastro del nostro Duomo e ideatore di una vastissima produzione architettonica.

L’edificio è stato recentemente dichiarato dalla Regione Lombardia “Bene di interesse storico e artistico”.

La facciata si presenta sobria e molto lineare. Subito si osservano un’ampia balconata e caratteristici finestroni decorati con timpani triangolari. Gli interni, sui quali ci intratteniamo molto brevemente, evidenziano tra l’altro lo scalone d’onore decorato in marmo rosso di Verona nonche’ numerosi quadri eseguiti da pittori di spicco quali il Procaccini, Nuvolone e il Legnanino, solo per citarne alcuni.

Nell’Ottocento diversi estimatori definirono questa residenza “Museo distintissimo, orgoglio del mondo culturale e artistico italiano”.

Il primo piano dell’edificio è sede di incontri culturali e qui si ammirano pregevoli quadri del XVI e XVIII secolo con arredi che possiamo senz’altro definire storici. Basti citare il “Tavolo Durini”, stupenda opera dello scultore Giuseppe Rusnati (1650 – 1713), pure lui assai attivo nel cantiere del nostro Duomo e in quello presso la Certosa di Pavia. Tale opera venne realizzata su commissione di Gian Giacomo Durini.

Il palazzo ospita dal 1939 la Fondazione Alessandro Durini, un particolare centro dal volto improntato al mecenatismo, ossia un’associazione che si propone di aiutare sostanziosamente scultori, pittori, storici e critici d’arte.

Qui, nel XVIII secolo, disponeva di uno studio Antonio Canova il quale, oltre all’esecuzione delle meravigliose statue che ben conosciamo, collezionò gessi e sculture antiche, oggi conservate presso l’Accademia di Brera.

In origine erano conservati nel palazzo i fogli elaborati da Leonardo (ora gelosamente custoditi presso la Biblioteca Ambrosiana).

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