venerdì, Novembre 22, 2024
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Ancora persecuzioni verso le minoranze cristiane e i Testimoni di Geova

di Antonio Barbalinardo

Nella mattinata di venerdì 5 marzo, Papa Francesco ha iniziato la visita apostolica in Iraq nonostante le difficoltà che si presentavano: i rischi per la sua sicurezza, l’instabilità politica del Paese e la pandemia in corso non hanno scoraggiato il desiderio del Papa di compiere il viaggio nella terra di Abramo, centro della storia delle religioni.

Logo del viaggio di Papa Francesco in Iraq

Un viaggio all’insegna della fratellanza, come pellegrino di pace, e dell’attività missionaria con una particolare attenzione alle sofferenze vissute quotidianamente da queste popolazioni mediorientali. La visita di Papa Francesco è durata tre giorni e si è conclusa nella mattinata di lunedì 8 marzo, con il suo rientro a Roma.

Papa Francesco accolto a Baghdad

Non entro nel merito del viaggio pastorale ma desidero fare una riflessione più ampia sulle violenze e sulle persecuzioni verso le minoranze religiose che ci sono ancora oggi, sia in Medio Oriente, sia in diverse parti del mondo.

Anche Papa Francesco, durante questo viaggio, ha pronunciato alcune frasi di monito verso tali crudeltà:

“Il nome di Dio non può essere invocato per uccidere…
Basta violenza, taccino le armi…
Il mio pensiero va per tutte le vittime delle guerre, stragi…
Contenere il fondamentalismo, aprire il cuore all’altro come fratello e sorella…” 

Come noto, infatti, molte sono le stragi e le violenze successe in questi territori negli ultimi anni.

Nell’ottobre del 2010 a Baghdad, nella cattedrale siro-cattolica “Nostra Signora della Salvezza”, un attacco jihadista provocò la morte di 44 fedeli e 2 sacerdoti.

Il muro intorno alla cattedrale Nostra Signore della Salvezza

Il 29 luglio 2013 venne rapito a Raqqa, in Siria, il gesuita Padre Paolo dell’Oglio: impegnato nel dialogo interreligioso con il mondo islamico, venne ostracizzato dal governo siriano e minacciato di espulsione. Purtroppo, dal giorno del rapimento, non si hanno più sue notizie.

Padre Paolo dall’Oglio

Nell’agosto del 2014, invece, c’è stato un grave attacco persecutorio da parte dell’Isis verso il popolo cristiano a Mosul.

E questi sono solo alcuni degli episodi che si potrebbero ricordare.

La visita di Papa Francesco in Iraq, quindi, mi ha portato ad una riflessione sulle persecuzioni religiose nelle diverse parti del mondo, non solo verso le minoranze cattoliche ma anche contro altre fedi, come avviene verso il popolo dei Testimoni di Geova.

I Testimoni di Geova sono riconosciuti come persone pacifiche e rispettose delle leggi dello Stato dove vivono, ripudiano ogni forma di violenza e di guerra ma, nonostante questa loro caratteristica, in molti Paesi sono perseguitati e non possono svolgere con libertà la propria fede religiosa.

In Russia, ad esempio, sono diversi gli episodi di violenza noti.

Il 13 luglio 2020 quando le forze dell’ordine russe, armate di fucili, hanno fatto irruzione in 110 case di Testimoni di Geova nella regione di Voronež, arrestando diverse persone.

In seguito a tale episodio, l’Unione Europea, il 23 luglio 2020, riferiva di essere “preoccupata per la persecuzione dei Testimoni di Geova” e proseguiva dicendo che “tutte le persone, compresi i Testimoni di Geova, devono essere in grado di esercitare pacificamente i propri diritti, compreso il diritto alla libertà di religione, di riunione pacifica e di espressione, senza discriminazioni”.

Più recentemente, il 10 febbraio scorso, il Testimone di Geova Aleksandr Ivšin è stato condannato a sette anni e mezzo di prigione. Tra i crimini a lui attribuiti, ci sarebbe l’organizzazione di funzioni religiose in videoconferenza e l’aver cantato canti basati sulla Bibbia.

Il 24 febbraio, invece, il tribunale russo di Abakan ha condannato Valentina Baranovskaja (70 anni) e suo figlio Roman Baranovskij (46 anni), rispettivamente a due e sei anni di reclusione unicamente per aver professato la propria religione.

Valentina Baranovskaja, suo figlio Roman e Aleksandr Ivšin

Relativamente alla persecuzione dei Testimoni di Geova, secondo la fonte www.jw.org, in Russia e in Crimea vi sarebbero 199 procedimenti penali in corso che coinvolgerebbero 440 fedeli; 52 le persone incarcerate e 27 le persone agli arresti domiciliari; 1327 le abitazioni dei fedeli in cui è stata fatta irruzione.

Ma c’è un particolare episodio che è opportuno riferire: a Mosca, il 31 maggio 2017, il presidente russo Vladimir Putin ha conferito a Valerij e Tat’jana Novik, una famiglia di Testimoni di Geova, il riconoscimento “Gloria dei genitori”. Si tratta di un’onorificenza istituita nel 2008 che viene consegnata a genitori che hanno cresciuto almeno sette figli e hanno mostrato un’attenzione straordinaria verso la loro salute, la loro educazione e il loro sviluppo fisico, mentale e morale.

La famiglia di Valerij Novik, premiata dal Presidente Putin

“Questo premio dimostra che quello che insegnano gratuitamente i Testimoni di Geova attraverso la Bibbia aiuta i genitori e i loro figli a essere cittadini produttivi non solo in Russia ma in tutto il mondo”, così riferiva David Semonian, portavoce della sede mondiale dei Testimoni di Geova, in merito a tale onorificenza.

Un’ importante onorificenza che, però, risulta quasi essere un paradosso, se si considerano le persecuzioni quotidiane rivolte ai Testimoni di Geova in tutta la Russia.

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