di Carlo Radollovich
Un certo Franco, figlio di una facoltosa famiglia milanese, in attesa di diventare l’erede di una fortuna raggranellata dal padre Mario, vive tra il lusso e mille divertimenti che si addicono ad un ventenne. Non ha avuto sin qui grandi esperienze di cuore, ma quell’estate, in Versilia, conosce una ragazza di nome Arianna che sa toccargli con molto garbo le corde dei suoi sentimenti. I ragazzi si innamorano profondamente e la loro è tutt’altro che una banale avventura.
Dopo le vacanze, Arianna viaggia più volte verso Milano e gli scambi amorosi tra i due (lei è in attesa di frequentare l’Università Bocconi), si fanno sempre più consistenti.
Si incontrano con assiduità sino a Natale, e in questa circostanza scatta il dono di un favoloso anello di fidanzamento, con promessa di matrimonio. Lei prosegue a frequentare l’università per tutti i mesi invernali finché viene informata che il padre di Franco si vede privato, o quasi, della sua ricchezza a seguito di numerosi investimenti sbagliati.
L’intera famiglia è costretta a modificare radicalmente le proprie dolci abitudini e il capo Mario, atterrito nel veder naufragare la propria lussuosa posizione, affronta il figlio dicendogli tout court, senza un briciolo di sensibilità, che il matrimonio con Arianna non deve essere celebrato. Egli conosce una candidata molto ricca, figlia di facoltosi proprietari terrieri, certamente in grado di risollevare le sue sorti finanziarie.
Con la morte nel cuore, Franco accetta dopo ripetute crisi la volontà paterna e quando Arianna, di lunedì, arriva presso la Stazione Centrale, il ragazzo la mette al corrente sull’infelice situazione venutasi a creare. Anche se con mille parole affettuose, le fa chiaramente capire che, da quel giorno, non si sarebbero più rivisti. Il bel volto di Arianna, incorniciato da capelli biondissimi, si riga di lacrime.
Franco lascia Arianna e la ragazza, complice il forte dispiacere e i frastuoni dei treni, dopo aver vagato per parecchie ore in stazione come un automa, inciampa e cade rovinosamente sui binari in quel momento non occupati da convogli. Poco più più tardi – è notte fonda – il capo del Museo delle Cere (questa galleria, dagli anni Novanta non ha più sede a Milano, ma è a Gazoldo degli Ippoliti – Mantova), si accorge dell’accaduto. Nel tentativo di rianimarla, la porta nel museo, ma poi si avvede della sua morte.
Forse per evitare di subire possibili accuse, ne imbalsama il corpo con l’aiuto di un collega e lo cosparge di cera, avendo cura di mettere in risalto i suoi splendidi occhi. I turisti, di passaggio tra un treno e l’altro, rimangono estasiati nell’osservare quella statua di cera. Tra questi, anni dopo, capita anche Franco, nel frattempo sposatosi e padre di due figli. Non appena dà uno sguardo a quell’incantevole figura femminile si rende conto di trovarsi di fronte ad Arianna.
Franco, non più possidente, ma addirittura più che povero, abbandonato da tutti i familiari, passa ore a fianco della statua. Dopo non molto tempo, muore di stenti tra i barboni della stazione, rincorrendo con il cuore, sino all’ultimo, il sogno di un amore svanito per sempre.