martedì, Ottobre 8, 2024
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IL MONDO DI MANFREDO SETTALA

di Carlo Radollovich

Manfredo Settala (1600 – 1680), canonico appartenuto alla basilica di San Nazaro in Brolo (l’austera chiesa oggetto di accurati restauri nel secolo scorso che l’hanno riportata alle originali forme romaniche), fu fondatore del Museo Settala e proprietario del cosiddetto “gabinetto delle meraviglie” ( in tedesco Wunderkammer), ai suoi tempi il più famoso d’Italia.

Questo personaggio religioso aveva raccolto di tutto: importanti reperti storici tra cui urne cinerarie, speciali lucerne, parti di mummie, speciali oggetti di valore artistico che attestavano il culto dei morti nell’antichità e così via.

Egli era pure appassionato di certi lavori artigianali, costruiva parecchi strumenti di precisione (tra cui orologi), compassi, addirittura flauti che ricavava dalle chele dei gamberi.

Il suo spiccato senso di collezionismo, di impostazione quasi enciclopedica, ha dato forse origine a quei valori museali che si concretizzavano soltanto decenni più tardi.

Ma il Settala, già a quei tempi, si occupava di speciali meccanismi appartenuti a quella branca ingegneristica che potremmo definire “robotica”. Una delle costruzioni che lo rese celebre fu un automa semovente con il volto di diavolo (vedi foto).  Aveva infatti ideato un congegno con caricamento a manovella che consentiva allo stesso di ruotare la testa, roteare gli occhi, estrarre la lingua ed emettere particolari suoni.

Ecco le impressioni ricavate dal filosofo Charles de Brosses (1709 – 1777) scritte in una sua lettera del 17 luglio 1739 e relative a questa terrificante figura di demonio: “Mi sono trovato davanti ad una spaventosa faccia di diavolo che si mette a sghignazzare, a cacciar fuori la lingua e a sputare in faccia ai presenti, il tutto con tanto di fragore emesso da alcune catene di ferro;  insomma un automa per procurare vero terrore”.

Il robot, privo della corna e del collare (come era in origine), è conservato presso il MUDEC di via Tortona 56.

Peccato che molto materiale raccolto da Manfrdo Settala sia andato disperso sia a seguito dei saccheggi napoleonici sia a seguito dei danni subiti dopo l’ultimo conflitto mondiale. Una parte dello stesso è conservato presso la Pinacoteca Ambrosiana.

 

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