martedì, Aprile 23, 2024
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Il rispetto dei ruoli

di Donatella Swift

Gli esami, come diceva anche Totò, non finiscono mai, e questo è un dato di fatto. Ma quando è l’eccesso di zelo a metterci lo zampino allora si rischia di travalicare il sottile confine della pedanteria, oltre che dello scarso acume intellettivo.

Questa volta lo spunto arriva dal corso serale di un istituto tecnico torinese, il Sommeiler, dove un insegnante di lettere è stato inopinatamente “interrogato” davanti alla platea dei suoi studenti. Il Dirigente Scolastico infatti è entrato improvvisamente nella classe mentre il professore stava comunicando dei voti ai suoi studenti, tra l’altro tutti ampiamente maggiorenni dal momento che, come abbiamo già detto, si trattava di un corso serale. A tal riguardo c’è anche da dire che la trasparenza nei voti è uno dei terreni su cui più volte si è dibattuto, quindi fa parte degli oneri scolastici di un docente comunicare tempestivamente i risultati ottenuti. E così il Preside ha iniziato ad interrogare il Professore sulla sua stessa materia, l’italiano, ponendogli domande quanto meno particolari, in merito al perché ai giorni nostri si continui a spiegare e di conseguenza a studiare Boccaccio. Il Professore inizia a dare alcune risposte, che però il DS non ritiene esaurienti, motivo per cui lo invita a presentarsi nel suo ufficio il giorno seguente. Ma una volta giunto in presidenza il giovane Professore non trova il Dirigente Scolastico, che ha demandato al suo vice la consegna di una contestazione di addebito allo stesso nella quale si legge: “Il sottoscritto entrava per verificare l’attività scolastica e trovava la Sua Persona non intenta a svolgere lezione, ma a suo dire a comunicare voti. Invitato ad iniziare l’attività didattica, iniziava a spiegare il Decamerone. Chiedevo di chiarire perché a così tanti secoli di distanza fosse utile studiare il Boccaccio; la Sua Persona, dopo aver dato due risposte assolutamente non convincenti basate sul pensiero “mercantile” e sullo stile della scrittura di Boccaccio, e sollecitato a dare una risposta a quanto richiesto dal sottoscritto, dichiarava che si rifiutava di dare risposte perché aveva già superato altri esami e concorsi, rendendo vana l’attività di vigilanza sulla qualità didattica di competenza del sottoscritto”.

Tale provvedimento non è stato condiviso dal  personale della scuola, soprattutto tra i colleghi che hanno attivato una “chat di resistenza” in appoggio al collega, mentre altri ancora stanno già pensando a chiedere il trasferimento.

Fin qui la mera cronaca degli avvenimenti: ciò che mi ha colpita in tutta questa storia è la sicumera con cui il Preside ha deliberatamente deciso, con il suo atteggiamento, di delegittimare l’operato del Professore, tra l’altro contando sul fatto che essendo ancora precario difficilmente si sarebbe in qualche maniera ribellato. Ed invece il trentenne docente di lettere quando si è sentito attaccato davanti alla classe dapprima ha fornito risposte generiche, ma a suo modo di vedere legittime, riguardo al fatto che Boccaccio ha uno stile di scrittura molto particolare, poi vistosi pressato ulteriormente si è a mio modo di vedere giustamente difeso dagli attacchi a quel punto divenuti personali da parte del capo dell’istituto.

Ma la questione, sempre a mio modo di vedere, non è per niente semplice: da una parte abbiamo il diritto alla libertà d’insegnamento, e su questo non ci piove; dall’altro abbiamo invece l’evidente senso di narcisismo nonché, forse, da sindrome del primo della classe mancato, probabilmente anche in gioventù, che ha fatto optare il DS per l’improvvido intervento. Orbene, al di là del semplice rispetto per i ruoli – chi scrive è figlia di un Preside e sa bene come e quali siano le gerarchie in una scuola, e questo a scanso di equivoci – è altrettanto evidente che questo episodio finisca con lo squalificare non tanto il professore, e meno male che la platea di riferimento era un pubblico adulto non oso pensare se fosse stato composto da adolescenti incarogniti, quanto il dirigente scolastico, una figura che negli ultimi anni ha finito per assumere talvolta connotazioni fuori luogo, come testimoniano anche altri esempi provenienti da diverse zone d’Italia. Personalmente credo che all’interno della scuola bisognerebbe recuperare quel senso di civiltà e di rispetto reciproco, appunto, per i ruoli, Lo pretendiamo dai nostri alunni, perché non pretenderlo anche tra noi addetti ai lavori?

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