di Carlo Radollovich
Noto schermidore dalle doti atletiche non comuni, Mangiarotti si ritirò dall’attività competitiva nel 1960 dopo aver preso parte a cinque Olimpiadi (dal 1936 al 1960) collezionando sei medaglie d’oro, cinque d’argento e due di bronzo. Egli è a tutt’oggi l’atleta più medagliato ai Giochi olimpici. Ma anche ai campionati mondiali si è confermato uno spadaccino super con la conquista di ben ventisei medaglie di cui ben tredici d’oro.
Nel 1981 fu decorato e acclamato dal Comitato Olimpico Internazionale mentre nel 1988 ricevette la massima onorificenza italiana dall’allora presidente Scalfaro con la nomina di Cavaliere di Gran Croce.
Forse pochi ricordano che egli, oltre a svolgere precisi compiti in qualità di inviato-giornalista per la Gazzetta dello Sport, fu anche autore di un libro dal titolo “La vera scherma”, ove racconta tra l’altro la sua grande passione per questo sport, sottolineando al tempo stesso certe difficoltà, probabilmente di natura psicologica, prima di affrontare gli avversari.
Egli scrive in modo accattivante: “La scherma è una sorta di trasposizione romantica del duello, in cui alla paura della ferita sulla pelle si è sostituita la paura della ferita dell’orgoglio agonistico”. Ma Edoardo era comunque entusiasta di questa disciplina, anche se, dopo essersi ritirato dalle pedane, forse non avrebbe mai pensato che questo sport (per poter garantire una assoluta correttezza circa il buon fine di un assalto), venisse invaso da fili elettrici e di altre diavolerie informatiche.
Tuttavia, mentre un tempo gli schermidori già al vertice della loro carriera sportiva, forse potevano indirettamente influenzare il giudizio dei giudici, costretti in un batter d’occhio a dichiarare se la tal stoccata avesse colpito il bersaglio umano oppure no, adesso certe possibili prese di posizione arbitrali non possono più scostarsi dalla verità grazie all’infallibile tecnologia che è stata messa in campo.