venerdì, Aprile 19, 2024
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VAN GOGH, L’UOMO E LA TERRA

di Ugo Perugini

Quando si affronta un personaggio come Vincent Van Gogh che è ormai un mito, un’icona, occorre sempre andarci un po’ con i piedi di piombo. Nessuno nega la grande fama conquistata negli anni da questo artista a livello internazionale ma, proprio per questo, bisogna prima sgombrare il campo da una serie di stereotipi che gli rimangono appiccicati addosso e che alla fine non permettono nemmeno più di vedere la reale qualità innovativa delle opere del pittore olandese.

Van Gogh, genio incompreso, in anticipo sui tempi, artista maledetto, pazzo, autolesionista, con una vita tormentata, burrascosa, culminata con il suicidio in situazioni non molto chiare. Tutte cose che hanno un fondo di verità ma che possono travisarne la figura.

Giusto, quindi, cercare di riportarlo con i piedi per terra, in senso metaforico e anche reale, perché lui ha amato sempre la campagna e i contadini e nelle sue opere emerge fortissimo il senso del suo rapporto con la natura.

La Mostra a lui dedicata, che si è aperta il 18 ottobre e resterà visibile fino all’8 marzo 2015 a Palazzo Reale, con 47 opere esposte, cerca di fare un lavoro del genere. E, in tal modo, introduce, dal punto di vista emotivo e artistico, anche il tema dell’Expo 2015 che vuole riflettere proprio sulla nutrizione del pianeta. L’evento è carico di significati anche perché nel 2015 saranno 125 anni dalla morte dell’artista e per questa ricorrenza vi saranno numerose altre iniziative anche a livello internazionale.

Le opere presentate arrivano dal Kroller-Muller di Otterlo, dal Van Gogh Museum di Amsterdam, dal Museo Soumaya-Fundaciòn Carlos Slim di Città del Messico, dal Centraal Museum di Utrecht e da importanti collezioni private. La Mostra è stata curata da Kathlee Adler, affiancata da un comitato di esperti, e promossa dal Comune di Milano, insieme a Arthemisia Group, 24 Ore Cultura.

Originale e apprezzabile anche l’allestimento firmato dal famoso architetto giapponese Kengo Kuma, che ha cercato di inserire le opere dell’artista in un ambiente naturale, con drappi al soffitto e pareti di legno. La scelta, che ha un valore simbolico, di far scaturire la luce dal basso (cioè dalla terra) è suggestiva anche se spesso non facilita la perfetta visione dei quadri.

L’esposizione è articolata in sei sezioni: L’uomo e la terra, Vita nei campi, Il ritratto moderno, Nature morte, Le lettere e Colore e vita. L’intento della curatrice è stato quello di ridare, in un certo senso, la parola allo stesso Van Gogh, che ci accoglie all’ingresso in uno dei suoi ritratti più famosi, perché ogni opera è accompagnata da didascalie tratte dalle sue numerosissime lettere, scritte prevalentemente al fratello Theo.

Ci sono riflessioni umane e spontanee che sottolineano il lavorio dell’artista e anche il suo grande entusiasmo nel cercare di cogliere nel modo più diretto la bellezza di certi paesaggi e la forza di certe figure di contadini, anonimi, ma colti nella loro dignità di esseri umani, umili officianti in un rito di dedizione e devozione nei confronti della madre terra.

Come il suo primo dipinto, che egli riteneva il più ambizioso, “I mangiatori di patate”, immerso in una densa oscurità, dove le patate rappresentano un simbolo della vita dei contadini, e mimeticamente ricordano il colore della terra e quello dei loro stessi visi, rugosi e polverosi, mentre cenano riuniti intorno al povero desco.

Ma Van Gogh è anche un terminale sensibilissimo capace di cogliere tutte le sfumature dei colori. Lo fa scoprendo nel suo soggiorno parigino il paesaggio francese, sulla spinta degli impressionisti, delle stampe giapponesi, ma senza mai abbandonare lo sguardo verso la terra e i campi: “Tramonti color arancione chiaro che fanno sembrare i campi blu- magnifici gialli”.

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Insomma Van Gogh è un personaggio dai tanti risvolti con i quali spesso ci sentiamo accomunati. Ci piace ricordarlo qui come un instancabile camminatore (forse addirittura compulsivo), capace di fare lunghi percorsi per ore e ore a piedi, per raggiungere i luoghi che più lo ispiravano. Accanito e appassionato lettore, leggeva la Bibbia naturalmente, ma amava anche la narrativa, Andersen, Dickens, Zola, e i saggi, Michelet. Fino ad esclamare: “Leggere libri è come guardare i quadri”.

Ma, forse, Van Gogh piace perché, come diceva un critico olandese, era “un lottatore solitario nella notte buia”. Un uomo che rappresenta l’archetipo dell’artista, che combatte ogni giorno per cercare di esprimere al meglio tutto il tumulto creativo che gli brucia dentro, tra errori, ripensamenti, speranze, delusioni, senza mai trovare pace e considerazione.

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