Massimo Valentini come base di partenza è un sassofonista. Ma sgombriamo il campo da facili semplificazioni. Quando parliamo di uso del sassofono in ambito jazzistico, viene subito in mente un certo stereotipo di sound, intimistico e un po’ ruffiano. Non è il suo caso.
Valentini, che è anche compositore, cantante, percussionista, è fautore di un progetto di musica jumble, come l’ha definita lui stesso, cioè “musica guazzabuglio” che va ben oltre certi cliché.
Con “jumble” lui intende una musica che raccoglie con spirito sincretico influenze di stili e di epoche diverse, dal jazz al rock, world music, blues, fusion, progressive, musica classica, medioevale, barocca, sconfinando senza limiti nel folclore di paesi vicini e lontani, sempre attento a mantenere ritmi coinvolgenti, mai banali.
Guazzabuglio forse non è il termine più appropriato per le sue composizioni. Dà l’idea di confusione, marasma indefinito. Ma nei suoi lavori, come dimostra anche il suo secondo CD dal titolo emblematico “nudo” – uscito per Abeatrecords di Mario Caccia – c’è un disegno, una logica, che porta chi lo ascolta a trovarsi immerso, quasi ipnoticamente, nella sua stessa sfrenata fantasia, tra sonorità diverse, in cui si colgono suggestioni e polifonie inattese, con sapori orientali, primordiali, medioevali in un mix che non dà requie, sempre teso, come un cocktail di quelli forti che dà piacevolmente alla testa.
E come un buon cocktail, il CD di Valentini ha in fondo lo stesso compito, cioè quello di disinibire chi lo assapora. Di far cadere orpelli, maschere, sovrastrutture, di liberare dalle convenzioni più viete, restare nudi, appunto, come dice il titolo, ma dinanzi ai propri sentimenti, senza vergognarsene, al contrario, apprezzando il fatto di poter cogliere di sé stessi l’essenza più autentica.
Altro pregio da sottolineare è che la musica che fa Valentini – insieme al suo gruppo composto da Paolo Sorci alla chitarra elettrica e acustica, Andres Langer al pianoforte, Filippo Machiarelli al basso e Gianluca Nanni alla batteria – ha un linguaggio universale, una specie di “esperanto” musicale, che permette una lettura comprensibile per tutti, visto che si regge spesso su refrain elementari ma enigmaticamente seducenti. Non pretende un colto background musicologico ma non delude nemmeno chi lo dovesse possedere.
Non è per nulla casuale, inoltre, che Valentini scriva anche musiche per film o documentari. Il suo sound, lo abbiamo detto, ben caratterizzato, suscita immagini in chi la ascolta ma contemporaneamente si presta a dare un senso, una interpretazione alle immagini che vediamo su uno schermo. Una guida che aiuta grazie a sonorità piene, ricche di suggestioni a calarsi in una atmosfera particolare, a descrivere situazioni emotive differenti.
Sottolineiamo in particolare il brano “Autumn’s Eyes” che si avvale anche del contributo di altri validissimi interpreti, tra i quali Marta Celli (arpa celtica), Ximena Jaime Velandia (violini), Michele Vagnini (viola) Vladimir Zubinski (cello) e Jean Gambini (double bass). Ma anche gli altri dieci brani sono da scoprire per le idee e gli escamotages interpretativi che offrono, sempre immersi in atmosfere sofisticate, lontane nel tempo e nello spazio.