venerdì, Maggio 10, 2024
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I francesi a Milano sotto Napoleone

Conclusi in tutta fretta i lavori relativi alla facciata del Duomo nel 1805 (Napoleone volle interessarsi personalmente dell’opera senza eccedere nelle cifre di bilancio), non venne mostrato alcun interesse per le altre chiese. Si voleva, in sostanza, mettere in risalto solo l’efficienza del buon governo davanti ai milanesi.

Infatti, si volle riprendere l’antico progetto relativo al canale navigabile Milano-Pavia, ma di nuove chiese non si intendeva nemmeno parlarne. Anzi, si desiderava sfoltirle, tanto che le parrocchie vennero ridotte ad una quarantina. E a proposito di tale sfoltimento, una delle perdite più gravi fu quella di San Francesco Grande, un tempio eretto dai francescani nel XIII secolo.

Qui spiccavano gli affreschi dei Procaccini e dello Zenale e ospitava cappelle dedicate a famiglie nobili milanesi. Il vicino convento venne tramutato in caserma per giungere in seguito alla demolizione, sia della chiesa sia della caserma, per dar vita ad una più nuova e grande caserma su progetto di Gerolamo Rossi, un architetto militare.

Anche i conventi vennero in parte soppressi. Si iniziò cautamente sotto Maria Teresa, ma i francesi fecero incredibilmente il resto. Furono trasformati in caserme, anche quando si trattava di refettori artisticamente affrescati (vedi l’ “accoglienza” riservata al Cenacolo Vinciano, modificato in ricovero per cavalli). Molte sacrestie vennero imbiancate con calce, mentre i chiostri vennero adibiti a vere e proprie stalle.

Va detto che a Brera (la Pinacoteca fu creata nel 1803 da Francesco Melzi d’Eril) furono accolte molte opere sottratte alla distruzione o “rubate” a diversi generali francesi. Il regime, per contro, non si risparmiò nell’allestire opere celebrative. E dopo gli archi del Sempione e di Porta Nuova, fu incaricato Luigi Canonica di costruire l’Arena. Venne iniziata nel 1805 sotto Napoleone, inaugurata nel 1807 e rifinita soltanto nel 1813, a due anni dalla caduta del regime.

Il Canonica, come sappiamo, si “appropriò” del titolo di grande assieme al Cagnola, il quale contribuì al successo nella Milano di quei tempi. Per la verità, si costituì una commissione che doveva pronunciarsi su tecnica ed estetica delle nuove costruzioni ed era formata da cinque grandi: Canonica, Cagnola, Zanoia, Albertolli e Bossi.

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