sabato, Luglio 27, 2024
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DRAMMATICI RICORDI DI PIAZZA VETRA

di Carlo Radollovich

La piazza si presenta incantevole, specialmente durante il periodo primaverile (vedi foto), con il suo tipico verde quasi prorompente e i suoi magnifici fiori. Eppure, nei secoli passati, essa fu teatro di tragiche esecuzioni o di indicibili sofferenze che la memoria milanese, rituffatasi nella storia, non ha affatto dimenticato.

Vorremmo anzitutto citare Gian Giacomo Mora, un tranquillo barbiere della zona, accusato di essere un untore ai tempi della peste del 1630. Egli fu giustiziato qui dalle autorità spagnole assieme al suo amico dichiarato complice, di nome Guglielmo Piazza, un innocuo e umile lavoratore della lana. Le torture subite dai due sono inenarrabili.

I briganti seicenteschi Giacomo Legorino e Battista Scorlino furono impiccati qui. Essi si erano macchiati di decine di omicidi presso il Bosco della Merlata, situato alla periferia occidentale della nostra città, ove infierivano sistematicamente sui malcapitati viandanti, depredandoli e spesso uccidendoli.

E che dire delle streghe del Seicento arse vive in piazza Vetra? Ricordiamo Anna Maria Pamolea (la padrona) e Margarita Martignone (la sua serva), dapprima strangolate e poi bruciate; Elisabetta Arienti detta la Fabene e Isabella Arienti, condannate al rogo nel 1603 per aver compiuto diavolerie e infine una certa Gabbana la Montina.

Va tuttavia menzionato che la piazza fu pure luogo di tristi vicende, non legate a colpe personali, ma a deplorevoli condizioni di lavoro. Qui, nel Medio Evo, scorreva un piccolo corso d’acqua, la Vetra per l’appunto, ove i conciatori della zona vi facevano defluire fetidi residui, il cosiddetto “carniccio”, provenienti dallo scarto delle pelli. Gli artigiani del quartiere assumevano per un tozzo di pane giovanissimi ragazzi, i quali, vuoi per le fatiche sopportate durante i loro incarichi presso varie concerie (sino a quindici ore di lavoro al giorno), vuoi per la denutrizione, si ammalavano spesso e purtroppo decedevano. A seguito di tali penose morti e degli scarichi decisamente nauseabondi, il luogo venne ricordato con il triste nome “Ponte della morte”.

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