La commedia “La finta ammalata” di Carlo Goldoni al San Babila, inizia con un fuori scena interessante, con il quale si spiega, come se fosse un’ordinanza del doge, la riforma del grande commediografo veneziano.
Si richiede, infatti, di portare nel teatro la realtà viva del mondo, abbandonando le maschere fisse e, invece, cercando di rappresentare i caratteri delle persone, in modo più naturale e realistico possibile, seguendo un testo scritto dall’autore e non soltanto canovacci sui quali improvvisare.
In altri termini, Goldoni vuole un teatro che non si limiti a sfruttare i difetti e i vizi portati sulla scena solo per provocare risate ma che serva a condannarli per fare arrivare agli spettatori un messaggio che abbia fini educativi.
La commedia, peraltro, è divertente e nel caso specifico Goldoni se la prende con chi esercita la medicina ai suoi tempi individuando tre tipi di medici che ben li rappresentano: quello serio, disinteressato, corretto, che in buona fede cerca di fare l’interesse del malato (il dottor Onesti), l’impostore che vuole solo approfittarsi di chi sta male per trarne vantaggi economici (dottor Buonatesta) e l’ignorante che persegue gli stessi fini ma è più un imbonitore che un medico (dottor Merlino).
Viene da porci questa domanda: dai tempi di Goldoni, le cose sono cambiate? Mica tanto. La medicina, come noto, non è una scienza esatta e basta questo a lasciare ampi spazi a chi vuole specularci sopra, spesso anche a danno di chi vi si rivolge con fiducia.
Non meno caustico è il commediografo veneto nei confronti degli speziali come Agapito (che oggi potremmo tradurre con il termine di farmacisti o meglio grandi aziende farmaceutiche), il cui scopo è quello di vendere i loro prodotti soprattutto se remunerativi. L’acqua di fonte prescritta dal dottor Onesti a Rosaura che non costa nulla e potrebbe essere solo un placebo è proprio inconcepibile per il sordo Agapito.
A parte questi temi relativi alla medicina che richiamano le trame di Moliere (“Il malato immaginario” verrà messo in scena una ventina di anni dopo), la commedia di Goldoni ruota tutto intorno alla figlia di Pantalone, Rosaura, che finge di essere ammalata ma è innamorata del dottor Onesti.
Restano per la gioia del pubblico meno pretenzioso le battute del personaggio più caricaturale, Agapito appunto, sulla sua sordità mai ammessa e che provoca continue, buffe incomprensioni.
Il lavoro che nasce da un adattamento di Giorgio Caprile – che, oltre ad attore, è anche il regista dello spettacolo – è ben svolto da un brillante Franco Oppini, da una convincente Miriam Mesturino, e dagli altri ottimi interpreti: Roberto D‘Alessandro, Luca Negroni, Giorgia Guerra, Riccardo Feola e Ada Alberti.
Si replica stasera (ore 20) e domani (ore 16).