giovedì, Dicembre 19, 2024
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Laudomia Bonanni, scrittrice timida spesso sola

La futura appassionata e divoratrice di testi impegnativi, nasce a L’Aquila nel 1907. Vive un’infanzia serena, anche se spesso troppo sola, con scrupolosi genitori che appartengono alla borghesia. Diventa maestra a pieni voti a diciassette anni e, sin da ragazza, non smette mai di leggere libri classici che l’affascinano.

Ammira D’Annunzio e inizia a scrivere, sollecitata dalla madre, che la convince a spedire alcuni suoi racconti agli “Amici della Domenica”, intellettuali che nella capitale si riunivano nella casa romana di Maria Bellonci e che assieme diedero vita al Premio Strega.

Qui, con la stessa Bellonci, promuovevano un salotto culturale frequentato da Moravia, Elsa Morante, Emilio Cecchi, Anna Banti e altri personaggi di spicco. Va detto che la Bonanni risulta qui del tutto sconosciuta. Ma si trova bene in questo salotto, ammettendo che vi si respira una “fraternità straordinaria”, e i suoi racconti, pubblicati nel 1948 con il titolo “Il fosso”, vincono inaspettatamente un premio per inediti.

Tale premio suscita un buon interesse a Roma ed Eugenio Montale spende più di una parola elogiando lo stile di Laudomia, e paragona l’intensità della sua prosa niente meno che a Joyce. Tuttavia, la notevole e pronunciata timidezza della Bonanni impedisce a lei di stringere amicizie importanti, tanto che il suo secondo libro, “Palma e sorelle” attenderà ben sei anni prima di essere pubblicato.

Otterrà comunque un buon successo più avanti con “L’imputata”, libro vincitore del premio Viareggio, e con “L’adultera”, testo che si classificherà primo al Campiello. Ma la scrittrice sta attraversando un pesante periodo esistenziale culminato con una forte crisi depressiva. Rifiuta l’indispensabile cura psicoanalitica assumendo soltanto alcuni psicofarmaci.

Accetta nel frattempo l’incarico di consulente presso il Tribunale Minorile di Roma e, benché sofferente per il suo stato, affida alle stampe un saggio molto apprezzato dal titolo “Vietato ai minori”. Poco dopo pubblica “Il bambino di pietra” nel quale si legge un’aspra critica nei confronti delle famiglie borghesi.

E’ però molto dispiaciuta per il mancato successo del suo ultimo libro “Le droghe” forse perché la sua prosa si presenta diversa e meno smagliante rispetto a quella impiegata agli esordi. Commenta molto amaramente “Oggi scrivere non basta più. Uno scrittore, per prima cosa, deve sapersi promuovere”.

Praticamente dimenticata e sempre più sola, si spegne a Roma nel febbraio del 2002.

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