Nata a Catania nel 1962 e qui laureatasi in filosofia, Maria Grazia Cutuli si trasferisce presto a Milano ove inizia la sua coraggiosa carriera di inviata speciale presso “Epoca”, impegnata in validi reportage dalla Bosnia, Cambogia, Congo e Sierra Leone.
Ma la sua più completa esperienza all’estero si concretizza presso UNHCR, la nota agenzia delle Nazioni Unite, occupandosi di rifugiati. Nel 1996 viene assunta dal Corriere della Sera, dapprima con contratti a termine e susseguentemente, nel 1997, a tempo indeterminato.
Ricordiamo i suoi interessanti articoli, dapprima spediti dal Ruanda, poi da Gerusalemme, infine dal Sudan ove descrive usi e costumi dei tribolatissimi Nuba, un popolo di origini antichissime, per anni vittima di un vero e proprio genocidio.
Alcuni anni più avanti, eccola sulla strada tra Jalalabad e Kabul in qualità di inviata speciale di guerra: purtroppo viene colpita alla schiena dall’afghano Reza Khan e poi uccisa assieme ad altri due giornalisti stranieri.
E’ il 19 novembre 2001 e l’opinione pubblica, ancora scossa per l’efferato attacco alle Torri Gemelle, piange l’improvvisa scomparsa di una indomita donna, assai appassionata del suo lavoro, che aveva saputo affrontare i rischi di un tremendo conflitto locale.
Contemporaneamente, mentre viene elogiata la sua presenza al fronte, questa giornalista richiama alla memoria le intrepide gesta di un’altra giovane donna, Ilaria Alpi, assassinata a Mogadiscio nel 1994 assieme al cineoperatore Miran Hrovatin.
E in ogni caso, tutti percepiscono che in Maria Grazia la morte assume un ruolo decisamente dominante, una morte senza pietà che comunque accresce di molto tutti i contorni della sua elevata personalità.
Sempre energicamente incollata alla sua professione che considera magica e di continuo in giro per il mondo, non ha tempo da dedicare a se stessa. E quando i colleghi le chiedono, ironicamente, come possa conciliare la sua vita molto stressata con gli affari di cuore, lei risponde con un tono che non consente repliche: “Un vero disastro”.
E poi l’ultimo raccapricciante atto: l’Afghanistan. Il Corriere della Sera, considerato il succedersi di azioni belliche sempre più intense, la prega di rientrare in Italia. Ma lei risponde: “Volete farmi felice ? Fatemi restare”. E si arriva a quel già menzionato 19 novembre, su una jeep tra strade molto polverose.
Poi una brusca frenata al segnale improvviso di alt, le urla e infine una raffica di mitra. Verrà spedita Lassù senza quasi rendersene conto, mentre un placido Paradiso si appresta ad accogliere carismatici giornalisti come lei. Qui troverà finalmente la vera pace, completamente al riparo dal sibilo delle odiose armi da guerra.