di Carlo Radollovich
Il leone in pietra, posto sulla colonna che ammiriamo in piazza San Babila, è stato al centro di alcune leggende nel corso dei secoli.
Ne citiamo una che risale al XV secolo. L’esercito veneziano, probabilmente al comando del condottiero Carmagnola, passato ai servizi della Serenissima dopo aver combattuto a fianco del Ducato di Milano, stava per invadere la nostra città. Le milizie si erano accampate fuori le mura, durante la notte, in attesa delle prime luci dell’alba.
Si racconta che una coppia di fornai, intenti ad eseguire il consueto lavoro ancor prima del sorgere del sole, avvertissero degli strani rumori metallici, evidentemente provocati da spade o da altre armi che stavano per essere sistemate dai soldati, quasi pronti per l’attacco ai milanesi.
Insospettiti, essi diedero subito l’allarme ai nostri militari, i quali, con tutta rapidità, si fecero vedere numerosi e agguerriti sulle mura. I veneziani, colti di sorpresa, fuggirono precipitosamente lasciando sul campo diverse insegne e tutto ciò che, per la fretta, non poteva essere riposizionato sui carri. Sembra che, tra macerie e rottami vari, si fosse rinvenuto anche un grosso leone di pietra. Nel giro di pochi giorni, l’animale fu prelevato e susseguentemente posto su un basamento in piazza San Babila.
Sin qui il racconto narrato con molta fantasia dai nostri avi. Per la verità, il leone adornava l’antica Porta Orientale, denominata anche “Argentea” poiché i carri e le persone, in uscita da qui, si dirigevano verso Venezia e la prima località che incontravano era Curs Argentiola, paese così chiamato dai Romani e corrispondente all’attuale Gorgonzola.
La Porta Orientale, oggi Porta Venezia, identificava uno dei rioni in cui era divisa la città e il leone era inserito nel suo stemma. La porta venne demolita nel 1818 e il grosso felino, che venne recuperato assieme ad altri animali mitologici, fu sistemato su una sorta di piattaforma.
Nel 1650, il conte Carlo Francesco Serbelloni, appartenente ad una nobile famiglia lombarda, volle erigere a sue spese una colonna sulla quale poter sistemare il leone, che ancora oggi fa bella mostra di sé. Sui lati del basamento sono distinguibili due nomi tra alcune scritte assai corrose dal tempo: Carlo Francesco Serbelloni e un certo Antonio Pirovano, la cui identità sino ad oggi non è certa.