sabato, Aprile 20, 2024
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Uno sguardo su certe truffe medievali

Certe persone pie e devote amano ancora oggi conservare, laddove possibile, alcune reliquie sacre, testimonianze di una fede in cerca di rinnovata conferma spirituale. Si tratta a volte di un piccolo lembo di tessuto appartenuto ad un Santo, oppure di una sua ciocca di capelli o magari di un frammento osseo.

Tuttavia, nel Medio Evo, occorreva prestare la massima attenzione nei confronti di certi truffatori senza scrupoli che, in modo decisamente sacrilego, vendevano a caro prezzo oggetti falsi, ad esempio spine della corona infissa sul capo di Gesù oppure chiodi appartenuti alla Santa Croce.

A proposito di oggetti sacri venerati dai fedeli, si discuteva nel Cinquecento su una mano appartenuta al milanese Sant’Antonino, arcivescovo della nostra città negli anni 660 e 661, il quale, dopo i funerali, venne sepolto nella chiesa di San Simpliciano.

Non si sa come, attorno al 1530, alcuni frati sostenevano di essere entrati in possesso della mano destra del Santo. Secondo una leggenda dell’epoca, venne creata una teca e, dopo una sommaria autorizzazione, la stessa venne deposta in San Simpliciano, ove la mano fu subito oggetto di venerazione.

Sarebbe bastato scoperchiare il sepolcro per osservare se l’arto di Sant’Antonino fosse stato mutilato. Ma ciò non avvenne, e così il contenuto della teca rimase per oltre un secolo oggetto di culto.

Tuttavia, attorno al 1650, alcune autorità ecclesiastiche vollero far luce sull’episodio della mano. Scoperchiata la tomba, ci si rese conto che lo scheletro del Santo era assolutamente integro e che i poveri frati del secolo precedente erano stati clamorosamente truffati.

Non si ritiene che l’ottenimento del reperto fosse stato oggetto di una trattativa, ma resta comunque assodato che i religiosi, seppure in buona fede, furono non solo raggirati, ma anche ingannati.

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