di Carlo Radollovich
Quando l’abate francese Gabriel Francois Coyer (1707 – 1782) giunse in Italia nel 1736, non si sentì molto rassicurato percorrendo in carrozza il tratto Torino-Milano. Infatti, aveva saputo da alcuni suoi connazionali che i casi di brigantaggio, nel nostro Paese, erano piuttosto frequenti. Non aveva torto, se si pensa che, secondo una statistica di quel tempo, si riscontrava sul nostro territorio la presenza di ben 70mila malviventi negli anni che intercorrevano tra il 1735 e il 1770.
Sarebbe interessante poter accedere alle fonti di questa inquietante informazione; resta comunque la constatazione che commercianti, piccoli imprenditori, pellegrini, ma anche turisti, venivano purtroppo aggrediti e rapinati con una certa frequenza, quando non succedeva di peggio.
Tuttavia, quando l’abate Coyer entrò nella nostra città, si sentì del tutto rincuorato perché la calorosa accoglienza dei Milanesi, sia in albergo sia fuori, fece dimenticare qualsiasi tipo di ansietà e di malumore. Rimase addirittura incantato della presenza dei cosiddetti “coureur” ossia speciali lacchè espressamente autorizzati, i quali, muniti di torce, facevano luce alle carrozze che entravano in Milano quando il sole era già calato. Ricordiamo con l’occasione che le prime lampade collocate lungo le vie della città arrivarono soltanto nel 1786, quando il governatore, l’arciduca Ferdinando d’Asburgo, decise finalmente di porre rimedio ad una brutta pecca, cioè la mancanza totale di illuminazione notturna.
L’abate fu soltanto un po’ deluso quando fece visita al nostro Duomo. Riteneva di vederlo più avanti nella costruzione, tenuto conto che la prima pietra era stata posta nel 1386. In effetti, le porte d’ingresso attendevano lavori di completamento e la prevista “parata” di guglie non era ancora scattata.
Ma un altro personaggio elogiava Milano per l’accoglienza e la generosità dei suoi abitanti. Si tratta di Anne-Marie Du Boccage, (1710 – 1802), vedi dipinto, la scrittrice francese nota per la sua vasta conoscenza letteraria e per aver dato alle stampe alcuni drammi. Amava viaggiare e nel suo volume “Lettres”, oltre a citare interessanti fatti di cronaca relativi al mondo francese nonché a quelli d’Inghilterra e Olanda, raccontava con sorpresa una certa situazione che si veniva a creare nella nostra città.
Osservava infatti con stupore che diverse carrozze, con a bordo alcune nobildonne, arrestavano la loro corsa nelle piazze più spaziose del centro cittadino, dopo averne incrociato altre che a loro volta si arrestavano. Tutta gente che usciva di casa con la scusa di respirare un po’ di aria fresca nelle calde serate estive. Ma in realtà si instaurava un fitto chiacchiericcio, da carrozza a carrozza, con quei cavalieri – così scriveva – che “non si potevano ricevere in casa”.
Come proseguivano questi colloqui? Solo innocenti conversazioni, oppure, cosa più probabile, venivano fissati qui appuntamenti galanti?