giovedì, Aprile 25, 2024
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Teatro San Babila: 39 scalini da salire (o scendere) ridendo

Dopo la pandemia e con la gente preoccupata per la guerra, c’è bisogno di staccare la spina. Prendersi un momento di pausa. Tirare il fiato. Ecco che la sgangherata, convulsa e fantasiosa commedia noir ,“39 scalini”, diretta da Leonardo Buttaroni, con Alessandro Di Somma, Yaser Mohamed, Diego Migeni e Marco Zordan ci dà questa possibilità.

Nulla di trascendentale, beninteso. Si ride (meglio si sorride) per le situazioni paradossali ricostruite grazie alla scenografia spartana ma immaginifica di Paolo Carbone, ai travestimenti frequenti: donne fatali e prosperose interpretate da uomini barbuti, gag prevedibili e no, citazioni per cinefili, il tutto in un’atmosfera anni Trenta, con un pachtwork di musiche d’epoca e moderne.

La storia complicata e che richiama situazioni da thriller spionistico e complottista, prevede un protagonista ingiustamente accusato di un delitto che cerca di sfuggire alla cattura e si trova intrappolato in un meccanismo di spie internazionali con segreti da scoprire e difendere, affidati alla memoria di un personaggio che incarna quello che oggi sarebbe un banalissimo computer.

Un vorticoso giro di personaggi e di ambientazioni coinvolge lo spettatore. Non si può non accennare alla ricostruzione dell’inseguimento sul treno, ad esempio, con trovate geniali e assurde al tempo stesso, o l’idea delle porte girevoli, delle finestre che si spostano all’occorrenza, in un clima di nonsense alla “helzapoppin”, che rende merito ai quattro attori che si moltiplicano sulla scena con ironica nonchalanche.

E pensare che da questa storia, scritta da John Buchan, il grande Alfred Hitchcock realizzò nel 1935 un film che ebbe un enorme successo e di cui sono stati realizzati dei remake anche recentemente, oltre a una commedia (di Patrick Barlow nel 2005) che prevede sulla scena solo quattro attori che devono interpretare i numerosi personaggi, maschili e femminili, convolti nell’intreccio.

E proprio da questa sfida teatrale, nasce un’esibizione che espone gli attori a situazioni complesse e grottesche, risolte quasi sempre brillantemente con arguzia e improvvisazione, cercando in ogni caso la complicità di un pubblico partecipe anche se sempre più sgamato.  

Va segnalata, quindi, anche nel nostro caso, la performance degli attori, veri stacanovisti della scena, pronti a indossare i panni dei personaggi più diversi, rispettando i tempi frenetici della commedia, aiutandosi con fantasiosi grammelot dialettali, richiami alla realtà, tic e strizzatine d’occhio varie.

Due tempi (il secondo forse un po’ più fiacco) che permettono alle persone di dimenticare i propri affanni. Anche se, pure in quegli anni, non circolavano sulla scena politica personaggi troppo tranquillizzanti e sottotraccia si creavano miscele esplosive che di lì a poco sarebbero deflagrate. A questo punto, è lecito chiedersi: ma l’uomo è capace di imparare qualcosa dal suo passato, oltre a cercare di riderci sopra?

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