venerdì, Aprile 26, 2024
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La salute del terzo millennio dipende anche dagli ormoni

di Stefania Bortolotti

Sono gli ormoni, le molecole della vita, a decidere il nostro destino quanto a salute e benessere. Lo stile di vita conta così come la sana alimentazione, necessaria per la sintesi ormonale, che interferisce in modo palese sul buon funzionamento del sistema endocrino, quell’intricato insieme di ghiandole e sostanze ormonali che influenzano tutte le funzioni dell’organismo. Ma sarà la prevenzione la vera svolta alla quale puntano gli endocrinologi per avere in futuro giovani generazioni sane.
L’endocrinologia italiana, che ha riunito dal 27 al 30 maggio a Taormina i massimi esperti mondiali, in occasione della 38° edizione del Congresso Nazionale della SIE (Palazzo dei Congressi, Piazza Vittorio Emanuele II), decide che è tempo di cambiare pagina: troppi padri-nonni, troppa infertilità e aumento di tumori rari, troppo diabete e obesità. Lo specialista endocrinologo deve diventare l’“amico” della salute riproduttiva e del benessere globale dell’individuo.
«L’endocrinologo del terzo millennio deve essere inteso oggi come il perfetto connubio tra il medico generalista e il medico internista – afferma Andrea Lenzi, Professore ordinario di Endocrinologia e Direttore della Sezione di Fisiopatologia Medica del Dipartimento di Medicina Sperimentale alla “Sapienza” Università di Roma e Presidente eletto SIE – ci si dovrebbe rivolgere a questo specialista tutte le volte che si avverte qualcosa di diverso dallo standard delle funzioni del proprio organismo. Un controllo ormonale è d’obbligo specie tra i 30 e i 40 anni, se non si è fatto prima, e può cambiare in meglio la qualità della vita».
I disordini tiroidei, il malfunzionamento dell’ipofisi, le alterazioni della sessualità e della sfera riproduttiva maschile e femminile, ma anche le problematiche nutrizionali e la salute endocrinologica di genere, sono state al centro dell’intensa attività delle giornate congressuali che hanno accolto oltre 1.000 specialisti endocrinologi dall’Italia e dal mondo, tra cui Chris Thompson dell’Università di Dublino, Martin Schlumberger dell’Institute Gustave Roussy di Parigi e Martin Reincke, Presidente della Società scientifica tedesca di Endocrinologia.
Il ruolo della prevenzione nelle varie fasce di età è cruciale e non solo nel campo della fertilità. Fumo, alcol, sostanze stupefacenti e un’alimentazione scorretta, che porta a disordini ormonali che generano diabete, obesità o, al contrario, anoressia, e alla formazione di tessuto adiposo che, contrariamente a quanto si riteneva in passato, viene oggi considerato un vero e proprio organo endocrino capace di secernere ormoni e interagire con altre strutture endocrine, vanno combattuti e modificati il più precocemente possibile così come è perentorio identificare nei primi anni di vita alterazioni che possono essere curate e non dare conseguenze drammatiche sulla salute del futuro adulto.
«Recentemente la disciplina endocrinologica ha posto grande attenzione alla prevenzione primaria e secondaria mirate a interventi sullo stile di vita dannoso e sui fattori di rischio ambientali, in particolare sui nuovi fattori di rischio che vengono definiti “interferenti endocrini”, sempre più chiamati in causa, che riguardano un gruppo di sostanze, quali i derivati delle plastiche e gli idrocarburi, che agendo attraverso vari meccanismi appaiono correlati a un incremento dello sviluppo di tumori, malformazioni genitali, alterazioni del liquido seminale, sterilità, alterazioni della pubertà nella donna, del ciclo mestruale, dell’ovaio e della fertilità – sottolinea Lenzi – gli ormoni d’altra parte danno segno di sé solo quando sono realmente in eccesso o in difetto, ma siamo in grado di accorgerci per tempo delle alterazioni in arrivo con un semplice prelievo di sangue e una visita adeguata».
L’alimentazione gioca un ruolo decisivo nello scacchiere ormonale. Sia la qualità che la quantità dei cibi possono influenzare in maniera importante non solo la produzione dei singoli ormoni, ma il loro funzionamento a livello degli organi bersaglio. Ad esempio, i dati epidemiologici confermano che l’obesità o l’eccessiva magrezza sono causa del 12% dell’infertilità totale. La spiegazione sta nel fatto che in queste condizioni si verifica un’alterazione nella produzione di ormoni che interferisce con la regolazione del ciclo e questo può determinare modifiche delle mestruazioni fino alla loro scomparsa (amenorrea). Nelle donne obese si verifica spesso l’insulino-resistenza che si associa alla sindrome dell’ovaio policistico, così come negli uomini sovrappeso o obesi si ha la produzione di un minor numero di spermatozoi normali e mobili oltre che effetti sulla funzione erettile.
«Personalmente mi piace definire il cibo come un para-farmaco o anche un para-ormone – dichiara Lenzi – a parte alcune sostanze come le vitamine che sono dei veri e propri ormoni con l’unica differenza che l’organismo non è in grado di fabbricarli e deve approvvigionarsene dall’esterno, tutti gli alimenti, proteine, zuccheri grassi, persino l’acqua e i sali minerali, lavorano in sinergia con gli ormoni per farci star bene. Con il cibo condizioniamo le modalità, la quantità e la qualità d’azione dei nostri ormoni».
L’endocrinologia italiana cresce: la ricerca è in corsa per l’identificazione di nuove molecole per il trattamento dei tumori maligni delle più importanti ghiandole endocrine; in pieno sviluppo la medicina endocrinologica di genere, declinata al maschile e al femminile; aumentano i giovani specialisti in endocrinologia sotto i 35 anni di età che si dedicano alla ricerca.
«Come Presidente neo eletto della Società Italiana di Endocrinologia posso dire che il lavoro dei prossimi quattro anni sarà dedicato e avrà come obiettivo la promozione della cultura endocrinologica nel nostro paese con iniziative – spiega Lenzi – di informazione e comunicazione destinate ai medici di medicina generale, ai pediatri e alla popolazione generale, nell’ottica di una politica di prevenzione che, a mio avviso, è la sola in grado di far risparmiare sofferenze ai pazienti e costi al Servizio Sanitario Nazionale».

Intervista ad Andrea Lenzi

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Andrea Lenzi, Professore ordinario di Endocrinologia e Direttore della Sezione di Fisiopatologia Medica del Dipartimento di Medicina Sperimentale alla “Sapienza” Università di Roma e Presidente eletto SIE

Professore, l’endocrinologia è una branca molto importante della medicina, ma non è ancora adeguatamente conosciuta. Di cosa si occupa esattamente?
L’endocrinologia si occupa di curare patologie estremamente importanti e complesse, ed è senza dubbio poco nota al grande pubblico, per diversi motivi, non ultimo il fatto che si tratta di una scienza medica relativamente giovane. Questa branca della medicina specialistica si interessa di studiare l’attività degli ormoni sulle diverse funzioni dell’organismo. Gli ormoni, sostanze chimiche prodotte da specifici organi del corpo, le ghiandole endocrine, funzionano e si comportano alla stregua di messaggeri che partono dalla singola ghiandola, circolano nel sangue, raggiungono i vari organi e agiscono sui cosiddetti recettori, come se fossero chiavi che fanno scattare una serratura. Nel nostro organismo vi sono decine e decine di ormoni che svolgono funzioni essenziali, addirittura vitali. Tanto per fare qualche esempio pratico, ricordo l’ormone tiroideo che attiva l’utilizzo dell’energia da parte delle cellule; il paratormone che con l’osteocalcina partecipa al metabolismo del calcio osseo; il testosterone e gli estrogeni, prodotti dalle gonadi maschili e femminili, che ci consentono di essere fertili e sessualmente attivi; l’ormone della crescita, responsabile dello sviluppo staturale; il cortisolo e l’adrenalina che ci permettono di reagire a stress prolungati o immediati; l’insulina, forse l’ormone più conosciuto, che assieme al glucagone controlla il metabolismo degli zuccheri; l’ormone antidiuretico che controlla il metabolismo idrico e dei sali; renina e angiotensina che lavorano insieme mettendo in equilibrio cuore e reni; ossitocina collegata al meccanismo del parto e della eiaculazione maschile e più molti altri.
Tutte le azioni di queste molecole sono strettamente connesse con l’attività cerebrale e psichica e con l’ambiente esterno attraverso una struttura del cervello chiamata ipotalamo e la ghiandola collegata alla base del cervello, chiamata ipofisi. Potremmo dire a ragione che lo stesso cervello è una ghiandola endocrina o, quantomeno, che un sistema psico-neuro-endocrino ci consente di vivere in armonia con l’ambiente circostante. In conclusione gli ormoni sono ovunque nell’organismo, svolgono molteplici funzioni e influenzano tutte le principali attività corporee. Mi piace definirli come le “molecole della vita” e aggiungerei anche del “buon invecchiamento” perché se gli ormoni sono in equilibrio si invecchia sicuramente più lentamente e meglio.
Quali sono le patologie correlate alle disfunzioni del sistema endocrino?
È quasi impossibile elencare tutte le malattie dovute al malfunzionamento del sistema endocrino. Volendo schematizzare, tanto per ripercorrere l’elenco precedente, possiamo menzionare il malfunzionamento della tiroide, che comporta un eccesso di lavoro di tutte le cellule (ipertiroidismo) e, in caso di deficit, anche un rallentamento delle stesse attività compresa la capacità psichica (ipotiroidismo); il malfunzionamento degli ormoni gonadici ha come conseguenza sterilità o incapacità di attività sessuale; ma anche invecchiare precocemente, non sviluppare sessualmente, restare nani o diventare giganti, avere il diabete, essere obesi o con masse muscolari deficitarie, incapaci di controllare la perdita di acqua e sali o avere ossa fragilissime e osteoporosi, o, infine, avere una pressione alta e incontrollabile, tutto può dipendere da un non adeguato funzionamento delle ghiandole endocrine. Questo nei casi evidenti, che si manifestano con sintomatologie e segni precisi. Esiste però tutta una serie di patologie del sistema endocrino più sfumate, in cui i deficit sono minimi, e spesso interpretati dallo stesso paziente come peggioramenti della propria qualità di vita. Faccio un esempio: essere sempre affaticati ed addormentarsi all’improvviso, avere stato di nervosismo, tremore, una fame eccessiva o l’inappetenza, sono tutti segnali che andrebbero interpretati dallo specialista endocrinologo che, trattando adeguatamente l’alterazione ormonale responsabile, potrebbe risolvere la patologia.
Chi e quando deve rivolgersi allo specialista endocrinologo?
L’endocrinologo del Terzo millennio deve essere inteso oggi come il perfetto connubio tra il medico generalista e il medico internista. Quindi, a parte le situazioni caratterizzate da sintomi conclamati, ci si dovrebbe rivolgere all’endocrinologo tutte le volte che si avverte qualcosa di diverso dallo standard delle funzioni del proprio organismo: un’alterazione cronica come quelle sopra descritte oppure una sensazione di malessere e cambiamenti del ritmo del sonno, della forza, della sete, della sessualità o della capacità di mantenere il peso. Un controllo ormonale è d’obbligo, specie tra i 30 e 40 anni se non si è fatto prima, e può cambiare in meglio la qualità della vita.
In che modo e per quali patologie una corretta gestione delle problematiche di tipo endocrinologico può favorire la prevenzione primaria e secondaria?
L’endocrinologo ha una grande fortuna. Oggi abbiamo quasi tutti gli ormoni disponibili come farmaco e possiamo sostituire la funzione in caso di deficit o curarne gli eccessi, ma recentemente la disciplina endocrinologica ha posto grande attenzione alla prevenzione primaria e secondaria mirate a interventi su stili di vita dannosi (cattiva alimentazione, fumo, obesità, sedentarietà, alcol) e sui fattori di rischio ambientali, in particolare i nuovi fattori di rischio che vengono definiti “interferenti endocrini”, sempre più chiamati in causa, che riguardano un gruppo di sostanze, quali i derivati delle plastiche e gli idrocarburi, che agendo attraverso vari meccanismi appaiono correlati ad un incremento del rischio di sviluppare tumori, malformazioni genitali, alterazioni del liquido seminale, sterilità, alterazioni della pubertà nella donna, del ciclo mestruale, dell’ovulazione e della fertilità. Gli ormoni danno dei segni sensibili di sé, di cui il paziente si accorge da solo, solo quando sono realmente in eccesso o in difetto, ma siamo in grado di accorgerci per tempo delle alterazioni in arrivo con un semplice prelievo di sangue e una visita adeguata. Oltretutto, come dicevo, noi endocrinologi oggi disponiamo di farmaci progettati appositamente per sostituire gli ormoni che non funzionano adeguatamente. Spesso è lo stesso pediatra o il medico di medicina generale a favorire e a sollecitare una visita specialistica dall’endocrinologo, proprio perché i piccoli sintomi che questi medici possono intercettare sono alla base di una efficace prevenzione. Un esempio: il pediatra che controlla la situazione testicolare nel neonato e, dopo, controlla lo sviluppo puberale del ragazzo e della ragazza, è un professionista affidabile e serio perché capace di identificare precocemente alterazioni reversibili che se non diagnosticate per tempo possono devastare una vita.
Siamo nel bel mezzo dell’EXPO, manifestazione internazionale dedicata come sappiamo al tema del cibo. Quanto interferisce l’alimentazione sul sistema endocrino? Ci sono comportamenti alimentari che possono essere responsabili o possono aggravare o addirittura prevenire le patologie endocrine? Quali, in particolare?
Personalmente mi piace definire il cibo un para-farmaco o anche un para-ormone. A parte alcune sostanze, come le vitamine, che sono dei veri e propri ormoni, con l’unica differenza che l’organismo non è in grado di fabbricarli e deve approvvigionarsene dall’esterno, tutti gli alimenti, proteine, zuccheri, grassi, persino l’acqua e i sali minerali, lavorano in sinergia con gli ormoni per farci star bene. Con il cibo noi condizioniamo le modalità, la qualità e la quantità di azione dei nostri ormoni. Ad esempio, se mangiamo troppi grassi o troppi zuccheri e introduciamo calorie in eccesso di calorie, esauriamo più rapidamente la nostra scorta di ormoni deputati controllare il metabolismo di queste sostanze e inizieremo immancabilmente ad ingrassare creando un circolo vizioso che possiamo interrompere solo adottando una condotta alimentare ragionata ed equilibrata. Non una dieta, ma una “condotta” alimentare. Teniamo presente che è il cervello il principale regista degli ormoni ed è sempre il cervello che controlla e regola il senso della fame e della sazietà.
Professore, in che modo si può accrescere la cultura endocrinologica della popolazione e promuovere il ricorso allo specialista endocrinologo?
La crescita della cultura endocrinologica si accompagna alle aumentate aspettative di benessere della popolazione. Un tempo si chiedeva la buona sanità, poi si è arrivati a sconfiggere gran parte delle malattie infettive, in seguito si è fatto strada il concetto di salute per la collettività e ancora si lavora per sconfiggere le malattie croniche e degenerative; la persona/paziente ha acquisito centralità e consapevolezza e l’idea di salute si è evoluta nel concetto di benessere. E il benessere presuppone un sistema endocrino funzionante e uno specialista endocrinologo in grado di interpretare e correlare tra di loro le analisi ormonali. Il dato ormonale non è come quello della glicemia o della pressione del sangue che devono stare al di sotto di determinati numeri. I valori di riferimento di un certo ormone servono solo per indicare il metodo di analisi adoperato, ma ogni dato ormonale può essere normale o patologico a seconda dell’età, della storia personale, delle condizioni generali di salute, del sesso, dell’etnia e di altre eventuali patologie presenti in quel determinato paziente. Insomma, un valore ormonale va sempre interpretato nel contesto. Come presidente della Società Italiana di Endocrinologia posso dire che il lavoro futuro sarà dedicato e avrà come obiettivo la promozione della cultura endocrinologica nel nostro Paese, con iniziative di informazione e comunicazione destinate ai medici di medicina generale, ai pediatri e alla popolazione, nell’ottica di una politica di prevenzione che, a mio avviso, è la sola in grado di far risparmiare sofferenze al paziente e costi al Servizio Sanitario Nazionale.

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