Nota per essere stata iscritta sin da giovane alla Lega per la Tutela dei Diritti delle Donne, la milanese Regina Terruzzi, nata nella nostra città nel 1862, è la figlia di un convinto patriota che partecipò alle Cinque Giornate del 1848.
Dapprima operaia e poi sincera appassionata degli studi, tanto da essere definita ”vibrante autodidatta”, diventa dapprima maestra, decidendo con audacia di andare ad insegnare in un paesino del profondo Sud calabrese (San Giorgio Morgeto), per poi iscriversi al Magistero di Roma.
Fonda nel 1913, assieme ad Anna Kulishoff, l’Unione Femminile Socialista, senza abbandonare l’insegnamento, ma il suo percorso di maestra viene spesso contrastato dalle autorità scolastiche, le quali insistono nel contestarle la sua sbandierata preferenza, con tutta fermezza, per le classi non maschili e femminili, bensì miste.
Inoltre, viene redarguita per certe modalità pedagogiche che – secondo loro – intralcerebbero lo sviluppo delle capacità espressive degli alunni.
Piovono su di lei pesanti provvedimenti disciplinari per la nascita di suo figlio Paolo perché avvenuta al di fuori del vincolo matrimoniale. Reagisce con coraggiose lettere sottolineando l’arretratezza di questa normativa medievale.
A questo proposito si batte direttamente anche contro Benito Mussolini, tentando di convincerlo affinché sui documenti venga cancellata l’irrispettosa frase ”figlio di ignoto”.
Come presidente dell’Universita’ Popolare fonda a Mombello (oggi in provincia di Monza/Brianza) una scuola per la preparazione di personale infermieristico, promuove una scuola serale a Monza per lavoratori alla ricerca della licenza elementare e crea la prima società di ginnastica lombarda denominata ”Insubria”.
Nel 1923 abbandona con convinzione qualsiasi ideologia di tipo fascista, condannando ogni sua stortura e anche le insopportabili violenze squadriste. Rinuncia a qualsiasi ruolo di natura politica e si dedica anima e corpo all’insegnamento presso l’istituto per geometri Carlo Cattaneo a Milano.
Ma dieci anni più tardi (1933) Luigi Razza, capo della Confederazione dei sindacati dell’agricoltura, le chiede di dar vita, memore di certe sue passate esperienze, alla creazione dell’istituzione delle Massaie Rurali. Accetta di buon grado perché l’incarico non coincide con specifiche intrusioni politiche.
Grazie alle sue ottime capacita’ organizzative, l’istituzione sta dando buoni frutti, tanto che nel 1934 le massaie rurali sono già in grado di offrire validi esempi di una corretta e indovinata operativita’.
Passata da qualche anno la settantina, Regina Terruzzi nel 1935 prende la decisione di ritirarsi in via definitiva dalla vita pubblica e si stabilisce a Firenze presso la casa del figlio. Qui scrive le sue memorie, sottolineando tra l’altro le sue aspirazioni quando era ancora adolescente e rivivendo pure le gioie nel corso di un viaggio sentimentale verso il Sud America, ove conobbe negli anni Venti un suo grande amore. Si spegne a 89 anni nel capoluogo toscano.