giovedì, Marzo 28, 2024
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LA RAPINA DI VIA OSOPPO

di Carlo Radollovich

La foto che il Corriere della sera pubblica oggi, riguardante la moglie di “Jess il bandito” alias Arnaldo Gesmundo, intenta nel versare nelle acque del Naviglio Martesana le ceneri del marito, ci riporta al febbraio 1958, quando la banda di via Osoppo mise a segno un colpo da 614 milioni di lire.

Ne parlò tutta la città e parecchi giornalisti scrissero ampiamente sull’argomento, tra cui niente meno che Indro Montanelli. Ma come venne ideato questo incredibile colpo grosso, passato alla storia del crimine come “la rapina del secolo” ? Furono in totale sette uomini a congegnare il tutto e li nominiamo qui di seguito.

Luciano De Maria, uno dei componenti più in vista, Ugo Ciappina, l’unico ancora in vita, classe 1928, Ferdinando Russo soprannominato “Nando il terrone”, Arnaldo Gesmundo, Eros Castiglioni, Arnaldo Bolognini ed Enrico Cesaroni. Dopo due tentativi andati completamente a vuoto, venne fissato l'”appuntamento” per il giorno 27 mattino. Uno dei banditi aveva con sé una pistola e si trovava su un’auto, altri due nascondevano senza dare nell’occhio un mitra e una bomba a mano, un quarto faceva finta di leggere un giornale in piedi, uno faceva da palo e aveva con sé una mazza, mentre i rimanenti due si trovavano a bordo di un piccolo camion.

Quando il furgone porta-valori svoltò in via Osoppo, i due con il camioncino si lanciarono a velocità sostenuta contro il furgone. Arnaldo Gesmundo, a bordo dell’auto, bloccò subito l’accesso di via Osoppo mentre il Bolognini, approfittando della sorpresa e dello stordimento della guardia giurata, spaccò un vetro del furgoncino iniziando ad arraffare soldi in compagnia del Castiglioni e del Cesaroni, il quale aveva mostrato il mitra ai pochi curiosi che, stupiti, osservavano stralunati. Il tutto durò due minuti, non di più.

A quel punto la banda si divise in due: sul camioncino, carico di soldi, presero posto il Bolognini, il Cesaroni e il De Maria. Sull’auto si sistemarono Gesmundo, Castiglioni, Ciappina e Russo. I due gruppi partirono molto velocemente con l’intesa di trovarsi tutti assieme nel pomeriggio presso un covo prestabilito, avendo cura di non toccare assegni e nemmeno titoli perché ritenuti troppo rischiosi.

Il giorno dopo l’intera città rimase scossa dal fattaccio, che comunque non causò né morti né feriti. E la svolta della vicenda arrivò pochi giorni dopo. Un passante notò nel letto asciutto del fiume Olona (il corso d’acqua era stato deviato per permettere i necessari lavori d’interramento) uno strano e voluminoso sacco semiaperto. Diede un’occhiata e si trovò davanti a sette tute blu e a sette passamontagna.

La Polizia indagò accertando che le tute erano state fornite da un certo Pucci, il quale non solo si aprì alle forze dell’ordine, ma decise pure di collaborare ampiamente.
Uno ad uno i banditi furono arrestati e condannati sino a vent’anni di reclusione. Alcune decine di milioni vennero ritrovati nell’appartamento del Bolognini mentre altri soldi vennero recuperati sotto lo zerbino di un condominio di cui erano custodi, del tutto estranei alla faccenda, i genitori del Gesmundo.

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