venerdì, Aprile 26, 2024
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PALAZZO LURASCHI

di Carlo Radollovich

L’imponente edificio venne progettato dall’ingegnere architetto Ferdinando Luraschi (1839 – 1900) e costruito in sei anni, dal 1881 al 1887, al civico 1 di corso Buenos Aires, grazie alla collaborazione del capomastro Angelo Galimberti, che i vecchi milanesi soprannominarono il “Barbarossa di Porta Venezia” perché aveva tra l’altro completamente abbattuto il Lazzaretto, ben noto ospedale sui generis per la cura dei numerosissimi appestati, situato su un’area assai vasta (un grande quadrato di 375 metri per lato).

Qui nacquero, a seguito di numerose speculazioni edilizie, grandi cantieri che diedero vita a numerose case di stampo borghese, tra le quali Palazzo Luraschi, decisamente massiccio, facciata atipica per quegli anni, ricco di timpani e cariatidi, realizzato adottando una novità: il cemento armato. Per la cronaca: vennero utilizzate quattro caratteristiche colonne che in origine contrassegnavano il perimetro interno dello stesso Lazzaretto.

Ai milanesi meno interessati agli sviluppi edili che la Milano di quegli anni stava registrando, il Palazzo Luraschi era soprattutto conosciuto per l’elegante ristorante “Puntigam”, in esercizio dal 1888 sin al 1940 e dotato di numerosi tavoli all’aperto durante la bella stagione, ove si servivano i piatti più prelibati della cucina milanese e non solo.

L’edificio fu tra i primi in Italia a raggiungere i sei piani d’altezza e a infrangere nella nostra città una precisa norma (anche se non scritta) denominata “Servitù del Resegone”. Tale regola prevedeva che le case costruite nella parte settentrionale di Milano non dovessero superare i tre piani per non impedire la vista delle Prealpi e del “seghettato” monte Resegone, tanto caro ad Alessandro Manzoni.

Si narra che l’ingegner Luraschi si fosse quasi pentito dopo aver fatto piazza pulita di un luogo in cui lo scrittore aveva ambientato una parte de “I promessi sposi”. Decise infatti, forse scusandosi con lui, deceduto quattordici anni prima, di collocare all’interno dell’edificio dodici piccoli busti che rievocano ancor oggi, con un pizzico di nostalgia, Renzo, Lucia, padre Cristoforo, il cardinale Federico Borromeo, don Rodrigo e altri personaggi di spicco…

 

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