venerdì, Dicembre 20, 2024
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L’arte del manifesto giapponese 

E’ stato presentato all’ADI Museum del Design il libro, “L’arte del manifesto giapponese” di Gian Carlo Calza, professore di Storia dell’Arte dell’Asia a Ca’ Foscari.

Questa pubblicazione è la più completa sull’argomento del graphic design giapponese, con una vasta selezione di opere che dagli inizi del Novecento, arriva fino ai primi due decenni del nuovo millennio. Quasi mille lavori di maestri, dai classici ai più giovani, che attraverso diversi linguaggi hanno fissato sui manifesti ogni tipo di evento, da manifestazioni sociali a eventi naturali, a mostre, moda, avvenimenti culturali e sportivi, teatrali, congressi, oltre a iniziative commerciali.

Il manifesto, come sappiamo, nasce per essere realizzato in grandi dimensioni ed esposto al pubblico ma la grandezza delle pagine del libro rendono egualmente bene la formidabile capacità comunicativa di queste opere.

Mario Piazza, professore alla Scuola di Design del Politecnico di Milano, ha notato come nelle opere presenti si riesca a cogliere un senso di continuità creativa nel corso del secolo scorso che sembra ignorare sia la trasformazione tecnologica che nel frattempo è avvenuta sia la differenza funzionale tra lavori, alcuni destinati alla pubblicità, alcuni realizzati per le grandi tematiche, pensiamo a quelli legati al ricordo di Hiroshima.

Il manifesto nella sua capacità di essere una sintesi estetica, simbolica e grafica essenziale, ha una capacità di immediata codificazione che lo rende una specie di linguaggio universale e di sintesi estrema del pensiero, carico quasi sempre di elementi artistici, naturali e sociali ben individuabili da parte del pubblico a cui è diretto. La dignità formale e il valore estetico dei lavori sono anche debitori dell’influsso occidentale (Munari, Martens), soprattutto negli autori più giovani.

Per Giuseppe Mazza, docente alla IULM, l’arte occidentale è, a sua volta, debitrice nei confronti di quella giapponese, anche se non sempre questo influsso viene riconosciuto, a partire dalle famose “immagini del mondo fluttuante”. La pittura, incentrata su colori piatti, sulla nettezza dei contorni influenzarono le opere di Van Gogh, Cézanne, Manet fino ad arrivare al costruttivismo

L’autore del volume, Gian Carlo Calza, che lo ha realizzato con la collaborazione di Elisabetta Scantamburlo,  considera il volume una specie di manuale da consultare e utile per comprendere l’evoluzione del fenomeno del manifesto, ancora oggi molto utilizzato, nonostante la rapidissima evoluzione dei mezzi di comunicazione visiva.

Durante la presentazione, Calza ha illustrato alcuni tra i più importanti autori di queste opere, veri e propri manifesti d’artista, a partire dall’illustrazione utilizzata per la copertina del libro di Nagai Kazumasa: una gru della Manchuria, stilizzata, tradizionale porta fortuna, che fa parte della serie “Life”, messaggi a difesa della natura e contro la mutazione genetica che incombe.

Oltre a numerose opere di finalità pubblicitarie, da segnalare la serie “Hiroshima Appeals”, manifesti creati per ricordare la tragedia della bomba atomica, che resta ancora, nella memoria di chi l’ha vissuta, una ferita aperta e vergognosa, ben illustrata dalla terribile immagine delle farfalle che cadono bruciate, nel lavoro di Kamekura Yusaku. Ma l’orgoglio giapponese non viene meno, e lo stesso autore realizza il manifesto delle Olimpiadi del 1964,quando il Giappone rientra nel consesso internazionale, con il simbolo del sole rosso che sovrasta i cinque cerchi dorati.

Sato Taku, altro grande designer giapponese, dal canto suo, non crede che il manifesto rappresenti una forma d’arte: il designer, secondo lui, osserva quel che si “rivela utile per la società e agisce all’interno di quel flusso” e soprattutto è conscio che con l’intelligenza artificiale il suo ruolo è destinato a cambiare.

Più aperto alle novità tecnologiche e all’uso del computer è Katsui Mitsuo. Ma non si pensi che la sua sia solo capacità di manipolare le immagini attraverso i nuovi codici tecnologici, è indubbio che nei suoi lavori affiorano sensibilità e cura ben evidenti nelle sue immagini policrome.

Eppure in molte delle opere riprodotte in questo splendido volume, continuano a  riaffiorare simboli della cultura giapponese, yoga e zen, le icone più note come il Fusi Yama, il vulcano sacro, e l’uso degli ideogrammi, una scrittura che per i giapponesi è decisamente più fisica e “pittorica” rispetto a quella occidentale.

Questa interrelazione tra scrittura e figura si vede bene in Tanaka Ikko nel manifesto di una programmazione teatrale, con la maschera utilizzata nella rappresentazione, che cambia espressione a seconda della luce e dell’inclinazione della testa dell’attore.

O Yamashiro Iruiki con la sua foresta costituita da una serie di ideogrammi che significano proprio “alberi, bosco e foresta”.

Il libro, realizzato da Skira Editore, formato 21x 29,7 cm, 520 pagine, 860 colori e b/n, costa 55,00 euro.

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