Ci troviamo alla periferia di Milano, sulle rive del fiume Olona, ove una certa Alfonsa, rimasta vedova ancora giovane ai primi del XV secolo, viveva del suo lavoro di contadina in un vecchio casolare abitato da diversi agricoltori.
Aveva una figlia di sei anni, bionda con tanti riccioli, e con lei amava spesso parlare dopo una giornata di duro lavoro. Scherzava pure con la piccola Caterina e sembrava che le fatiche accumulate durante il giorno si affievolissero come d’incanto.
Purtroppo, poco prima che Caterina compisse i sette anni, una grave malattia si impadronì del suo corpo con febbri molto alte e nel giro di pochi giorni spirò tra le braccia della mamma dopo mille sofferenze. Molti compaesani si strinsero attorno ad Alfonsa, cercarono di infonderle coraggio, ma questa povera madre, distrutta a livello fisico e mentale, non smetteva di piangere.
E tutte le mattine, prima di recarsi al lavoro, Alfonsa si recava al cimitero, portava con se’ alcuni fiori quando la stagione lo consentiva e amava avviare una sorta di dialogo con la sua piccola, che le era stata sottratta da un tragico destino.
Per diversi mesi questo struggente incontro continuava senza soste. Le lacrime uscivano dai suoi occhi in continuazione e la sua disperazione non accennava a diminuire. Ma nel corso di una sua visita al cimitero, in una serena giornata di settembre, accadde sorprendentemente qualcosa di strano.
La donna si sentì pervadere da un grande calore e, poco dopo, apparvero accanto a lei strane figure che non riusciva a distinguere perché offuscate. Ma dopo alcuni attimi presero una precisa forma e le immagini si fecero nitide. Si rese conto con molta sorpresa che si trattava di un gruppo di piccoli angeli, i quali, molto allegramente, cantavano accanto a lei cercando di farle coraggio.
Contemporaneamente Alfonsa notò che una di quelle angeliche figure restava in disparte, tutta sola e piangente. La donna, osservando meglio, ebbe la percezione che si trattasse della piccola Caterina. Era proprio lei e pronunciò la seguente frase: “Non posso essere felice come gli altri angioletti perché le tue lacrime arrivano direttamente al mio cuore e mi intristiscono notevolmente”.
Passato lo smarrimento e il forte turbamento, Alfonsa smise di piangere per timore che la sua bimba potesse soffrirne. Non solo. Cercò di diventare il più possibile serena e soprattutto di rinascere interiormente.
Diversi compaesani si accorsero di questa sua trasformazione e coniarono per lei questo significativo motto spirituale: “Siamo consci che sulla terra abbiamo una bimba in meno, ma in Paradiso possiamo contare su un Angelo in più”. Alfonsa reagì molto bene. Dopo qualche tempo sposò un bravo giovane e la prima bimba avuta da lui venne battezzata Caterina, che amici e parenti chiamarono subito….Caterina seconda.