di Ugo Perugini
In questo articolo un po’ di storia su Gavi, il suo territorio, la sua enogastronomia e, per finire, due ricette di primi, facili facili ma di eccezionale impatto.
Nel territorio di Gavi, di solito, non ci si va di proposito. Ci si capita. Come è successo a me. Una imprevista diversione dalla strada principale ed eccomi nella zona del Gavi. Un territorio incredibile per i paesaggi e per la storia che ogni centimetro di quella terra conserva. E’ una zona, se vogliamo, ibrida, tra colline degradanti, pianure mosse e un clima che mescola il respiro largo del mare che arriva fin qui con il fiato robusto degli Appennini.
Clima, terra, posizione del sole ideale per un miracolo. Che è il Gavi, un vino che affonda le sue radici in un’epoca precedente all’anno Mille. 972 per l’esattezza. Non sappiamo se sia vero che il nome di questo vino abbia preso origine da quello di una bella principessa, Gavia, figlio di Clodomiro Re dei Franchi. Quel che è certo è che questo bianco, ancor oggi, continua ad avere qualcosa di regale.
Il Gavi ora è un DOCG e deriva da uva Cortese al 100% che viene lavorato, sia giovane che maturo, in diverse forme: fermo, frizzante e spumante, e secondo criteri di affinamento in legno o acciaio. Non regge più il luogo comune che Gavi si debba bere solo giovane. Ci sono Gavi che vanno anche oltre i cinque/dieci anni che non solo non perdono di vitalità, ma acquistano un corpo più rotondo e mandorlato. La zona di produzione non è molto estesa. Si tratta di 1500 ettari.
Il Gavi è un vino in crescita. Come vendita (nel 2014 oltre il 14% in più rispetto all’anno precedente), come qualità, come fama che ormai ha assunto una caratura internazionale: lo testimonia l’ultimo successo presso i ristoratori giapponesi in Italia che hanno visto proprio nel Gavi il vino che si abbina in modo perfetto a un piatto come il sushi.
Ma il Grande Bianco Piemontese è naturalmente poliedrico nelle sue performances, portato ad affiancare piatti anche più tradizionali come antipasti magri, di pesce e crostacei ma anche verdure e carni bianche. Senza dimenticare l’abbinamento che io personalmente amo di più: con i ravioli di Gavi al naturale, cioè lessati, su cui lasciar depositare una leggera nevicata di parmigiano, per lasciarci sorprendere dalla raffinatezza e gustosità del ripieno.
Un’ultima curiosità: lo sapevate che i ravioli si chiamano così perché furono inventati negli anni tra il 1100 e il 1200 da una Famiglia di Gavi, la famiglia Raviolo? Non molti lo sanno. Forse è solo una leggenda, ma io personalmente non ho difficoltà a crederci. Quando la pasta ha un suo carattere forte e deciso non occorrono molti condimenti e sughi.
Me lo ha suggerito di recente nientemeno che Gualtiero Marchesi, rivelando una ricetta semplicissima che ho copiato con successo: spaghetti lessati come si comanda, una spruzzata di caviale e di erba cipollina. Vino in abbinamento? C’è da chiederlo? Un bel Gavi, fresco al punto giusto! E buon appetito.