lunedì, Dicembre 23, 2024
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LA GALLERIA DEL SEMPIONE

di Carlo Radollovich

Nell’esporre i più importanti avvenimenti che l’Esposizione Internazionale del 1906 intendeva celebrare, citavamo tra l’altro anche il traforo ferroviario del Sempione (vedi “ilMirino” del 27 gennaio) i cui lavori iniziarono nel 1899.

Varrebbe la pena di descrivere brevemente questa importante opera che all’epoca, con i suoi 19,7 chilometri di lunghezza, “staccava” di ben cinque chilometri la più vecchia galleria del Gottardo.

Il traforo del tunnel del Sempione venne ipotizzato sin dal 1851, ma solo quando venne costituita la Compagnie du chemin de fer de la ligne d’Italie pour la vallée du Rhone, vennero studiati ambiziosi progetti per la sua realizzazione. Prevalse quello dell’ingegner Dumur della società Jura-Simplon: prevedeva l’imbocco a Iselle di Trasquera e l’uscita a Briga senza curve e senza illogiche spezzettature. Insomma, veniva tracciata una linea perfettamente retta.

Prima di iniziare i lavori si dovette pensare agli alloggi da destinare ai tecnici e agli operai e si diede vita ad una vera e propria borgata, denominata Balmalonesca, con abitazioni fornite di luce, acqua corrente e idonei servizi igienici. Si pensò anche di far circolare l’aria durante gli scavi (saranno raggiunte temperature superiori ai 35°C), grazie alla realizzazione di un apposito cunicolo, scavato parallelamente alla galleria. Tale cunicolo si sarebbe poi trasformato in galleria non appena la prima fosse stata aperta al traffico.

Pertanto, per alcuni mesi dopo l’inaugurazione (28 aprile 1906), la linea del Sempione funzionò con un unico binario.

Si preventivò una spesa iniziale di 54 milioni di lire dell’epoca che, al termine dei lavori, risultò essere di 58 milioni per le impreviste difficoltà incontrate. Infatti, la perforazione, secondo primi calcoli effettuati, doveva concludersi alla fine di aprile del 1905. Ritardò invece di un anno esatto.

Va detto che, dal lato di Briga, si incontrarono impreviste infiltrazioni d’acqua e la presenza di vere sorgenti termali che richiesero l’impiego di pompe aspiratrici. Ma la quantità d’acqua incontrata (la fuoriuscita era di150 litri al minuto) si fissava su livelli talmente elevati che fu deciso di abbandonare provvisoriamente i lavori iniziati a Briga per continuare a perforare solo dalla parte di Iselle. Solo in un secondo tempo, provvisti di pompe ancora più potenti, si ritornò a lavorare dal lato di Briga. Purtroppo, l’ultimo assalto alla parete residua (soltanto sette metri) effettuato con una mina, fece riversare sul versante svizzero tonnellate di acqua caldissima, tanto che gli operai dovettero ritirarsi precipitosamente per non rimanere vittima della montagna che, finalmente vinta, parve volersi vendicare. Per fortuna, nella circostanza non si verificarono feriti.

Dalla galleria vennero estratti complessivamente un milione di metri cubi di materiale sassoso, per smuovere i quali furono necessari 350mila fori con inserimento di mine. In totale si registrarono, nel corso dei sette anni di lavoro, 39 morti e 133 feriti, mentre gli uomini impiegati furono 2370.  Operai e tecnici si alternarono giorno e notte in tre squadre: la prima dalle 6 del mattino sino alle 14, la seconda dalle 14 alle 22, la terza dalle 22 alle sei del mattino seguente. Va infine detto che, durante i sette anni di lavoro, non si verificò nemmeno un giorno di sciopero.

Considerati i mezzi di perforazione dell’epoca, le scarse protezioni a favore degli operai e i pericoli di scavo non sempre previsti, possiamo ben comprendere con quanti sforzi e quanti sacrifici sia stata portata a termine l’intera opera. L’industria italiana fu ampiamente lodata da tutte le nazioni europee.

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