A causa delle restrizioni dovute al Covid-19, la ricorrenza per il 76°anniversario della Liberazione si svolgerà in forma ridotta con alcune celebrazioni nei luoghi simbolo della Resistenza e altre online.
A Milano non ci saranno cortei o sfilate, ma saranno poste corone di fiori su lapidi e monumenti che ricordano i luoghi dove partigiani e partigiane sono caduti o abitavano. Presso il Campo della Gloria del Cimitero Maggiore, inoltre, il Coro Resistente dell’ANPI di Municipio 8 ha organizzato, per domenica 25 alle ore 11.30, l’iniziativa “Porta un fiore al Partigiano” nella quale verranno posati fiori sui vari ceppi marmorei.
Voglio celebrare questa ricorrenza con un articolo – colloquio con l’amico partigiano Giovanni Marzona – nome di battaglia “Alfa” – che ha vissuto la lotta al nazi-fascismo da ragazzo.
L’ho conosciuto durante l’impegno di consigliere e ci siamo rincontrati durante varie ricorrenze e commemorazioni, come quella dei Martiri della Resistenza del tiro a segno di Piazzale Accursio.
Giovanni Marzona nasce nel 1928 a Invillino di Villa Santina (UD) e da giovanissimo entra a far parte dei partigiani della Carnia nella Brigata Osoppo dove svolge il ruolo di combattente contro fascisti, nazisti e cosacchi.
Perché combattere i cosacchi? Giovanni racconta che allora i tedeschi avevano fatto occupare la Carnia e buona parte del Friuli ai cosacchi poiché erano loro alleati e, convinti della vittoria, avrebbero assegnato loro il territorio carnico. Per fortuna le cose sono andate diversamente.
Perché è andato a fare il partigiano a soli 15 anni?
“Allora io non ero un partigiano, andavo ad aiutare le persone che combattevano sulle montagne. Allora noi ragazzi eravamo tutti obbligati ad essere i cosiddetti “Figli della lupa” o “I moschettieri” o “Avanguardisti” e cresciuti saremmo diventati soldati e mandati in guerra, una guerra che non volevamo e questo non andava bene. – riferisce Marzona che prosegue dicendo – L’inizio di questa mia avventura partigiana fu casuale poiché un giorno una signora del paese che mi conosceva bene mi disse <<Giovanni, guarda che su nel bosco in montagna c’è mio marito con un gruppo di alpini che sono nascosti perché se scoperti li mandano in Germania o li arruolano fra i repubblichini della Repubblica Sociale Italiana e loro non vogliono andare. Tu che sei un ragazzo sveglio conosci bene la montagna vai a vedere come stanno e portagli anche un poco di vestiti poiché adesso hanno solo i vestiti militari, così se devono scappare o venire in paese bisogna che indossino i vestiti da civili>>.
Fu quello il primo incontro di Giovanni con quelli che venivano chiamati banditi ma, in realtà, erano solo soldati o alpini del paese che si erano nascosti lì in montagna. Inizialmente non erano partigiani: lo diventarono dopo, organizzandosi per combattere contro i nazi-fascisti e i cosacchi.
Giovanni racconta inoltre quello che fu il momento decisivo della sua svolta:
“Era l’inizio dell’autunno del 1943, io continuavo con questo impegno verso i soldati e gli alpini diventati partigiani. Li conoscevo tutti, così come loro conoscevano me. Il comandante partigiano, nome di battaglia “Livio” ma detto anche Barba Livio perchè da noi il nome Barba si dà per rispetto e vuole dire zio, un giorno mi disse: <<Giovanni noi di te ci fidiamo e abbiamo bisogno che tu ti unisci a noi non solo nel portare quanto necessita quali viveri, medicinali e notizie dei nostri familiari, ma che tu da adesso possa svolgere altri compiti poiché la nostra fiducia nei tuoi confronti è grande>>
Io risposi: <<Ci devo pensare e parlare con la mamma>> ma il comandante Livio disse <<No devi decidere adesso perchè tu ci conosci bene e devi decidere subito, se accetti devi fare la staffetta di collegamento tra il Battaglione Carnia e il Battaglione Tagliamento>>.
Marzona, quindi, accettò la proposta d’adesione ai partigiani della Carnia. Il comandante Livio, dopo avergli spiegato tutti i rischi e i pericoli che poteva correre gli disse:
“Giovanni, tu da questo momento non ti chiamerai Giovanni poiché nelle missioni che svolgerai potrebbero scoprire chi sei realmente e subire ripercussioni anche verso i tuoi familiari, da adesso prenderai il nome Alfa che era il nome di un Partigiano morto in battaglia qualche giorno prima”.
Così, all’inizio dell’autunno del 1943 Marzona divenne la giovane staffetta partigiana “Alfa” della Brigata Osoppo facendo da collegamento tra le formazioni partigiane della zona fino alla fine della guerra. Il resto della vita vissuta da Giovanni Marzona si è svolta prima in terra friulana e dopo si trasferì a Milano, diventando milanese d’adozione.
Non si può riportare in un articolo tutta la sua lunga vita ma si può riportare che nel dicembre 2017 gli venne consegnato l’Attestato di Benemerenza Civica dal sindaco Giuseppe Sala e dal presidente del Consiglio Comunale Lamberto Bertolè che riporta:
“La lotta contro le ingiustizie e per l’affermazione dei diritti e doveri oggi garantiti dalla Costituzione della Repubblica Italiana ha caratterizzato tutta la sua vita. Nato nel 1928 da una famiglia numerosa in un paese della Carnia, assiste ad ingiustizie sociali che lo portano fin da giovanissimo a maturare sentimenti antifascisti. Così l’8 settembre 1943, a soli 15 anni, si unisce alla Resistenza con nome di battaglia “Alfa”, diventando staffetta di collegamento tra le diverse formazioni partigiane della zona. Dopo la Liberazione si trasferisce a Milano e qui inizia a lavorare come antennista fino all’assunzione in Rai dove, accanto a un forte impegno professionale, è anche rappresentante sindacale. Residente a Quarto Oggiaro, si spende senza sosta nelle attività sociali del quartiere e come presidente della locale sezione dell’ANPI”.
Se siete interessati a scoprire meglio la storia del partigiano “Alfa”, potete rivedere la diretta streaming organizzata dalla Fondazione Carlo Perini il 23 gennaio scorso, in occasione della Giornata della Memoria, durante la quale Giovanni ha raccontato la sua storia e il suo impegno.
https://www.youtube.com/watch?v=AxIQw55iuRg
Termino questa presentazione nel riferire che Giovanni Marzona, quale staffetta partigiana ebbe molte occasioni per poter essere scoperto così punito e torturato con tutti i mezzi per tradire e fare i nomi dei suoi compagni, così il comandante Livio gli consegnò una pistola e capì che se necessario avrebbe dovuto anche spararsi dove l’ordine impartito fu: “Se ti catturano, ucciditi”. Lui è stato fedele a tale ordine e impegno ma per fortuna non fu necessario tale suo sacrificio.
Il Partigiano Alfa nel corso degli anni ha portato la sua testimonianza dei valori di Partigiano e della Resistenza nelle scuole e ovunque gli era richiesta, oggi con i suoi 93 anni Giovanni è ancora attivo, dinamico, lucido e partecipe nei vari momenti non solo commemorativi così come è stato presente ai funerali della Partigiana Fiamma svoltosi martedì 13 aprile scorso.