lunedì, Dicembre 23, 2024
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Antibiotici, nuovi test diagnostici contro i “supermicrobi’’

Gli esperti: “-30% di decessi per le infezioni resistenti”…

…Rapidi, precisi e affidabili. Grazie a test diagnostici innovativi è oggi possibile individuare, nel giro di poche ore, non solo gli agenti patogeni responsabili di un’infezione, ma anche a quali farmaci sono sensibili. Utilizzati in maniera appropriata, questi nuovi strumenti diagnostici potrebbero ridurre i decessi per infezioni resistenti agli antibiotici di ben il 30% permettendo di individuare in tempi rapidi il farmaco idoneo. Questo si tradurrebbe per il nostro Paese in circa 3.300 vite salvate ogni anno. Ne sono convinti gli esperti riuniti in occasione della presentazione svoltosi nei giorni scorsi del nuovo Polo di Ricerca & Sviluppo di bioMérieux, a Bagno a Ripoli in provincia di Firenze. Un investimento che apre uno spazio nuovo nella ricerca in Italia in questo ambito. L’Italia è infatti considerata “maglia nera” in Europa per antibiotico-resistenza con ben 11mila decessi registrati in un anno. Il nuovo hub di Bagno a Ripoli, su cui bioMérieux ha puntato 9 milioni di euro, ha l’obiettivo di individuare e mettere a punto nuove soluzioni diagnostiche in grado in grado di contrastare l’emergenza “supermicrobi”. Inoltre, la multinazionale della diagnostica prevede di portare nello stabilimento toscano la produzione del Vitek MS Prime, un sistema di diagnostica di ultima generazione basato sulla spettrometria di massa che consente di individuare rapidamente le specie microbiche presenti in un campione biologico.

“Nell’Unione Europea più di 670mila infezioni sono dovute a batteri resistenti agli antibiotici, mentre circa 33mila persone muoiono come diretta conseguenza di queste infezioni – sottolinea Maurizio Sanguinetti, direttore del Dipartimento Scienze di Laboratorio e infettivologiche, direttore della UOC Microbiologia, Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, ordinario di Microbiologia all’Università Cattolica -. L’Italia è il primo paese europeo per numero di morti per l’antibiotico-resistenza, un terzo dei quali prevenibili grazie un approccio proattivo all’individuazione e al trattamento mirato di agenti patogeni resistenti”.

Oggi, infatti, la sola prevenzione non basta più. “Siamo arrivati al punto che per contrastare l’avanzata dei cosiddetti ‘super-microbi’, batteri e funghi che hanno imparato a resistere a molti degli attuali trattamenti disponibili, abbiamo bisogno di ricorrere a strategie diagnostiche innovative ed all’avanguardia, che consentono di individuare in tempi rapidi farmaci in grado di sconfiggerli- evidenzia Pierangelo Clerici, presidente dell’Associazione Microbiologi Clinici Italiani (AMCLI) –. Secondo le nostre stime con questi nuovi test diagnostici si potranno ridurre i decessi di oltre il 30%”.

 Il vantaggio non riguarda solo vite umane risparmiate, ma anche preziose risorse economiche che il Servizio Sanitario Nazionale potrebbe investire diversamente per migliorare la sua risposta ai bisogni di salute. “La antibiotico-resistenza e le infezioni correlate all’assistenza hanno un impatto enorme sul nostro sistema sanitario nazionale – spiega Gian Maria Rossolini professore ordinario di Microbiologia e Microbiologia Clinica all’Università degli Studi di Firenze e direttore della Unità Operativa di Microbiologia e Virologia dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria Careggi – Si stima che ogni anno siano responsabili di 2,7 milioni di ricoveri per un costo diretto complessivo che ammonta a circa 2,4 miliardi di euro”.

“E’ per questo che bioMérieux ha deciso di investire nove milioni di euro nell’apertura di un nuovo hub, denominato Innovation Power House, dedicato alla ricerca e allo sviluppo di soluzioni contro le malattie infettive e l’antibiotico-resistenza – sottolinea Stathis Chorianopoulos, Vice President & General Manager, Adriatic bioMérieux Italia . bioMérieux impiega, a oggi, 310 persone e grazie a questo investimento si prevede un incremento del 10% circa dei collaboratori, grazie ad una riorganizzazione interna delle linee produttive e degli spazi di ricerca e sviluppo , che potranno avvalersi della strumentazione più all’avanguardia.

Nel dettaglio all’interno dell’Innovation Power House si troveranno dunque una camera semi-anecoica che permette di effettuare delle prove di compatibilità elettromagnetica sui nostri strumenti, in fase di prototipazione e sviluppo, una camera climatica usata per simulare le condizioni ambientali alle quali i sistemi elettronici possono essere sottomessi durante l’uso normale oltre a un laboratorio biologico. “Questo laboratorio – prosegue Chorianopoulos – è fondamentale per poter ottimizzare lo sviluppo integrando i campioni biologici il prima possibile nella fase di design degli strumenti di diagnostica in vitro, con l’obiettivo di ridurre il rischio di problematiche durante la fase finale di validazione. Tutte le attrezzature all’avanguardia presenti nel reparto di Ricerca e Sviluppo dell’Innovation Power House  sono ormai fondamentali per il reparto di R&D per velocizzare la creazione dei prototipi e rendere lo sviluppo più agile. Poter fare la maggior parte delle prove direttamente nei nuovi laboratori interni all’azienda consentirà di velocizzare lo sviluppo in modo più autonomo”.

“Quello dei dispositivi medici – ha dichiarato Nicola Barni, Presidente di Confindustria dispositivi medici – è un mondo altamente tecnologico con un tasso d’innovazione rapidissimo, di circa 3 anni. Per questo la ricerca è la linfa vitale per lo sviluppo del nostro settore e per la nascita di tecnologie sempre più all’avanguardia per la tutela della salute delle persone. Bisogna sostenere tutte le aziende che in Italia vogliono fare ricerca, che generano Pil e che creano forza lavoro qualificata. Serve supporto per favorire e promuovere una politica industriale il più possibile dinamica e attrattiva per le imprese che operano nel nostro Paese”.

Dunque quello degli esperti non è un invito a eseguite test diagnostici innovativi “a tappeto”. Le parole d’ordine devono essere appropriatezza e competenze. E soprattutto ricerca. Il problema, infatti, non è che in Italia vengono effettuati pochi test su agenti patogeni, tutt’altro. “In Italia forse se ne fanno anche troppi – sottolinea Clerici – e in circa il 50% dei casi in modo inappropriato, quando invece sarebbe necessario una gestione dell’infezione più ‘ragionata e tradizionale’. Altra problematica è la carenza di personale qualificato: nonostante le nuove tecnologie abbiano automatizzato le analisi sul campione biologico, servono competenze microbiologiche per interpretarle. Serve dunque personale qualificato e questo è un problema importante, in quanto l’accelerazione tecnologica è più rapida della formazione dei professionisti”.

Inoltre, serve uno sforzo maggiore per la ricerca e lo sviluppo di strumenti diagnostici ancora più sofisticati e di trattamenti più efficaci. “Se le cose non cambieranno, infatti, l’Osservatorio Nazionale sull’antimicrobico resistenza stima che nel 2050 in Italia potrebbero esserci fino a 450mila morti per infezioni”, conclude Rossolini.

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