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Alda Merini, una poetessa infelice

Ancora piccola, dopo aver frequentato le scuole elementari, si sente già attratta dalla poesia. Il padre si sforza nel farle capire che la poesia non ci consente di guadagnare soldi per comperare il pane e decide perciò di iscriverla ad una scuola professionale, un vero e proprio avviamento al lavoro.

Ma a sedici anni l’amore per i versi poetici si fa prepotentemente sentire, tanto da considerare insopportabile dover provvedere alle necessità materiali della vita di tutti i giorni. E Alda continua ad amare, soprattutto a coltivare, questo tesoretto letterario che sente crescere nella sua mente.

Al suo talento si mostra particolarmente interessato Giacinto Spagnoletti, poeta e romanziere, e alcune poesie di Alda vengono inserite nell’antologia ”Poesia italiana contemporanea 1909-1949”. Poi sarà la volta della sua prima raccolta personale, pubblicata nel 1953 con il titolo ”La presenza di Orfeo”.

Va menzionato che Alda Merini, negli anni Cinquanta, avverte il sorgere di profonde spaccature dentro di sé che influiranno a lungo sul suo modo di vivere. Stabilisce con Giorgio Manganelli un forte legame che la coinvolgerà anche sotto l’aspetto sentimentale.

Ma il giornalista, noto critico letterario, parte per Roma abbandonando per sempre la poetessa che avverte una grave crisi interiore. Cerca di risollevarsi e si sposa con un panettiere, Ettore Carniti, ma quando percepisce che l’amore per la poesia sta per sfuggirle, si ammala seriamente.

Addirittura per una ventina d’anni saranno necessari ricoveri in alcune case di cura. Tuttavia, malgrado il suo precario stato di salute, in questo periodo dà alla luce tre figlie. Ma non si sente ”riabilitata” perché la sua poesia sta per smarrirsi in una esistenza che si trova al limite del disorientamento.

Ma ecco che, con la raccolta “Destinati a morire”, il suo destino sembra finalmente rifiorire. Anche la sua stessa vita, malgrado la scomparsa del marito, pare riprendersi. Riprende i contatti con il suo vecchio amico tarantino Michele Pierri, decide di trasferirsi nella città pugliese e poco dopo lo sposa.

Ma la sua felicità non è destinata a durare poiché Michele Pierri cessa di vivere. Altra profonda crisi e ricovero a Taranto. Guarita, risale a Milano nel 1986 e qui accusa gravi difficoltà finanziarie. Pubblica nello stesso anno ”L’altra verità. Diario di una diversa”, la sua prima opera in prosa, autobiografica.

Dopo ”Testamento”, in poesia, ritorna alla prosa nel 1989 con ”Delirio amoroso”, ove rievoca il suo tragico periodo d’internamento. Infine, dopo ”Clinica dell’abbandono” e ”Nel cerchio di un pensiero”, la poetessa viene ricoverata presso l’ospedale San Paolo di Milano.

Ci lascia per sempre nel novembre del 2009 all’età di settantotto anni.

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