domenica, Aprile 28, 2024
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Alcune riflessioni su “I Promessi sposi”

Mentre il romanzo manzoniano conquistava sempre più’ il consenso di moltissimi lettori italiani, all’estero non si manifestava un analogo entusiasmo. Infatti, i tedeschi lo incasellavano in coda rispetto alle letture di Goethe e anche i francesi non stravedevano per questa opera.

Colpa delle traduzioni non sempre ad hoc ? E’ assai probabile perché in Inghilterra, grazie ad un sensibile traduttore di nome Archibald Colquhoun, scozzese proveniente da una famiglia cattolica, il quale aveva studiato a fondo il modo di scrivere del Manzoni e soprattutto la sua vita, i “ Promessi Sposi” decollavano alla grande, con la stampa di diverse migliaia di copie.

Egli aveva fatto luce sull’indiscussa arte manzoniana e si era reso conto che la stessa, senz’altro difficile malgrado la semplicità di certe espressioni, richiedeva nella traduzione un’attenta e particolareggiata cura, osservando la sua complessa dinamica e poi, non da ultimo, le ampie dimensioni di uno scritto straordinario.

Colquhoun aveva interpretato al meglio l’angosciato timore manzoniano nei confronti del male nonché il desiderio di andare sempre alla ricerca del bene. Esisteva nel grande scrittore anche una sorta di disprezzo per certi lati negativi della storia umana, abbinato per contro alla sua voglia di giustizia, facendo appello alla Provvidenza quando l’aiuto dall’Alto si faceva indispensabile.

Certo, il suo triste modo di pensare nei confronti del genere umano e di tutte quelle ingiustizie che sembravano affossarlo, ispirarono Colquhoun. Si rendeva conto come il Manzoni volesse invece riallacciarsi agli umili e ai derelitti, in particolare a quelli semplici di cuore, che saranno finalmente redenti nella seconda vita.

Tutte queste sensazioni non erano soltanto presenti nella mente del grande Alessandro, ma anche evidenti nelle sue sofferenze terrene, soppesando ad esempio la dura realtà della vita politica ottocentesca o addirittura le sopraffazioni napoleoniche, malgrado fossero spesso ammantate del sigillo della libertà.

Se è vero che la giustizia non è di questo mondo – diceva il traduttore – è altrettanto vero che l’uomo deve sempre andare alla sua ricerca, anche se questa richiesta non risulterà mai soddisfatta. E Manzoni si consolava pensando all’intervento del bene, da autentico cattolico, inserendo il Vangelo e la Provvidenza in diverse trame del suo romanzo.

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