martedì, Maggio 21, 2024
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Alcune annotazioni sull’ “Ultima Cena” di Leonardo

Napoleone Buonaparte aveva impartito precisi ordini: il luogo in cui l’affresco era stato eseguito non doveva essere trasformato in un ricovero per soldati o addirittura per cavalli. Ma le sue istruzioni vennero completamente disattese.

Poi, un altro elemento negativo, sotto un certo aspetto meno grave del primo, si riversò sulla chiesa di Santa Maria delle Grazie con i bombardamenti del febbraio 1943, lasciando tuttavia non danneggiato il Cenacolo, che Ludovico il Moro aveva pensato di realizzare per adornare il refettorio del convento.

Opera di grandi dimensioni (4,6 x 8,8 metri), venne creata secondo la tecnica dell’affresco a secco. Infatti, Leonardo aveva ritenuto opportuno di non lavorare sull’intonaco bagnato, cosa che avrebbe consentito ai colori di penetrare in profondità. Con il metodo prescelto da Leonardo, i colori si arrestavano solo sulla superficie, o poco più in basso, e quindi esposti a vari agenti esterni.

Già nel Settecento fu necessario ricorrere ai primi interventi di restauro, ma i “ritocchi” effettuati si dimostrarono quasi deleteri, anzitutto per l’impiego di materiali non idonei, usando tecniche dai contenuti quasi primitivi. Poi, si volle addirittura ridipingere alcune parti dell’affresco.

Ulteriori restauri vennero eseguiti nell’Ottocento e finalmente nel Novecento, esaurientemente documentati. L’ultimo, risalente al 1977, e’ durato oltre vent’anni, tanto che l’opera venne riaperta al pubblico soltanto nel 1999. Il merito principale va senz’altro attribuito a una grande restauratrice e cioè Pinin Brambilla Barcilon (1925 – 2020).

Un’ultima osservazione di carattere storico. Dopo il “Cenacolo” di Leonardo, ecco apparire negli anni seguenti (1536 – 1541) la straordinaria opera di Michelangelo Buonarroti (il “Giudizio Universale”) eseguita presso la Cappella Sistina.

Qui si notano i pregi di una lezione tracciata da Leonardo, poiché molti critici sono concordi nell’affermare che i personaggi dipinti da Michelangelo possiedono lo stesso “fremito” tramandato e trasmesso dal genio vinciano.


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