di Carlo Radollovich
Ai primi del Novecento, dopo lo smantellamento del vecchio Teatro Milanese, situato in corso Vittorio Emanuele, gli architetti Angelo Cattaneo e Giacomo Santamaria si impegnarono a fondo in una serie di progetti affinché una nuova, moderna costruzione mantenesse viva l’ispirazione teatrale del luogo.
Nacque un apprezzato stabile, in cui i vecchi milanesi videro sbocciare un fantastico stile floreale, poi battezzato “liberty”. La facciata venne così tanto apprezzata che, quando i bombardamenti dell’ultima guerra abbatterono l’interno del palazzo, essa venne ricostruita pezzo dopo pezzo, per poi fare bella mostra di sé su una nuova costruzione in una vicina piazzetta, appunto denominata “Piazza del Liberty”.
Assai curiosa la guardia di Palazzo, una sorta di maschera teatrale settecentesca con tanto di giubba con coda a mo’ di frack e cappello napoleonico, che ogni sera prendeva servizio all’ingresso del teatro, tra il divertito stupore dei passanti. Non poteva parlare e, se del caso, poteva soltanto distribuire volantini e programmi vari.
Dei primi anni del vecchio Trianon, adibito pure a ristorante, è bello ricordare la presenza nel 1908 dell’indimenticato Ettore Petrolini, reduce dai trionfi americani e salutato in patria con offerte di scrittura che superavano le cinquanta lire per serata.
E poi le grandi imitazioni dell’attore Luciano Molinari (interpreterà, nel 1920, il film “Due sogni ad occhi aperti”), i giochi illusionistici di Pickmann, le stramberie di Watry.
Ma il ricordo più grande è senz’altro quello legato a Filippo Tommaso Marinetti, il quale “lanciò” il verbo futurista proprio dai tavoli del Trianon. Le serate futuriste a questo teatro (1909 -1910) anticiparono quelle al Lirico e all’Argentina di Roma. La presenza di Marinetti, come prevedibile, attirò pezzi da novanta come Boccioni, Russolo, Sant’Elia, De Angelis e altri ancora.
Per quanto riguarda la musica leggera, è impossibile non menzionare che proprio qui, nel 1935, fu tenuta a battesimo la celeberrima canzone di Giuseppe D’Anzi “O mia bela Madonina”.
Nel 1938, le leggi fasciste che si battevano contro qualsiasi terminologia straniera, imposero al Trianon di cambiare il proprio nome. E infatti, da quell’anno, si chiamerà “Mediolanum”. Si allestirono nuove sale, un nuovo palco e un nuovo repertorio. Non andò più in scena il Varietà come tale, ma vennero ospitate compagnie di prosa, quasi tutte dialettali. Non si dimentichi che, proprio al Mediolanum, iniziò la famosa commedia di Eduardo de Filippo “Filumena Maturano”. Poi arrivarono le riviste con Macario, Nuto Navarrini, Dapporto e Walter Chiari, del cui successo se ne parla ancora oggi…