di Stefania Bortolotti
Intervista a: Renato Giannelli presidente ANMAR – Associazione Nazionale Malati Reumatici Onlus
Dottor Giannelli, Cittadinanzattiva ha di recente presentato i risultati di un’indagine civica sull’esperienza dei pazienti rispetto all’uso dei farmaci, che ha un focus sui farmaci biologici e biosimilari.
Dalla survey emerge che solo il 9% degli intervistati conosce la differenza tra i farmaci biologici e i biosimilari. Esiste un gap informativo sulla tematica che deve essere colmato?
Certamente un gap nell’informazione e nelle conoscenze dei pazienti c’è, inutile negarlo. Credo però che questa discrepanza ci sarà sempre, sebbene con il tempo andrà via via diminuendo in quanto prima nessuno parlava di biosimilari, mentre adesso se ne comincia a parlare. Considerando la media dei pazienti reumatici, ritengo che la maggior parte di essi non sia adeguatamente informata e anche se il medico curante li aggiorna, l’informazione non sarà mai a un livello tale da permettere al paziente di decidere quale farmaco scegliere, se cambiare o no terapia, e via dicendo. Pensare che sia sufficiente spiegare una certa questione perché il paziente possa capire la problematica è pura fantasia. L’informazione non è la panacea. Quel che serve è sicuramente un’alleanza con il medico prescrittore cui compete l’importante decisione di selezionare le migliori terapie disponibili da prescrivere.
I pazienti chiedono, stando ai dati dell’indagine, di essere informati sull’eventuale cambio di terapia. Quali sono le richieste dei pazienti? Quanto è importante il ruolo del medico prescrittore?
È giusto che il paziente venga informato adeguatamente su un eventuale cambio di terapia, ma al termine della chiacchierata tra i due, il paziente chiederà sempre al suo medico “cosa ne pensa”. Il consenso informato sic et simpliciter non è la soluzione, se si tratta di un consenso che informato di fatto non è. Ciò che intendo dire è che, anche in questo caso, tutto dipende dal medico che è il solo a poter decidere se un eventuale cambio di terapia sia conforme alle esigenze terapeutiche di quel paziente specifico. Il ruolo del medico prescrittore è fondamentale. È lui, cui spetta il compito di curare il paziente, il solo che può decidere quale farmaco prescrivere.
Dottore, l’utilizzo di farmaci biosimilari pur essendo considerato un fattore di equità perché riduce i costi della spesa sanitaria e libera risorse, solleva alcuni interrogativi. Valutazioni di carattere economico potranno influenzare la libera scelta del medico? Qual è la posizione di ANMAR sulla tematica biosimilari/biologici?
In qualità di Associazione dei pazienti, è ovvio che non possiamo sostituirci al parere dei tecnici siano essi enti regolatori che clinici. Tuttavia, noi riteniamo che ci si debba attenere a un principio di cautela: se i biosimilari sono sicuri allora è opportuno prescriverli, altrimenti no a prescindere dal minor costo. Su un punto concordiamo, vale a dire la necessità riconosciuta da più parti di proseguire con ulteriori studi clinici. Non c’è ancora chiarezza, basti guardare un po’ lontano dall’Italia: negli Stati Uniti questi farmaci si prescrivono in maniera indiscriminata, invece la Norvegia, tanto per fare un esempio, chiede di approfondire le evidenze con studi rigorosi. ANMAR, come Associazione dei pazienti, ribadisce che l’appropriatezza sanitaria deve venire prima di quella amministrativa sebbene alcune Regioni, ad esempio l’Umbria, invitino già esplicitamente i medici a prescrivere i farmaci biosimilari in quota pari al numero dei pazienti naïve. Si tratta di una cosa inaccettabile. Il pericolo che le esigenze economiche vengano anteposte al diritto dei pazienti a ricevere il miglior trattamento disponibile, esiste, è reale ma noi dobbiamo contrastarlo per arrivare a comportamenti corretti che sappiano valutare in modo adeguato le opportunità e i rischi che conseguono all’utilizzo dei biosimilari.