… alcune notizie dal recente Congresso della Società italiana di Neurologia (Sin)…
Il Congresso – che sì è tenuto alla Nuvola di Roma e che si è concluso il 12 Novembre scorso – attraverso sessioni plenarie, corsi di aggiornamento, workshops e comunicazioni libere ha fatto il punto sulle nuove terapie per le patologie neurologiche che rappresentano una delle principali cause di disabilità e decessi, con un notevole impatto sul nostro Servizio Sanitario Nazionale. Oltre agli aspetti scientifici, il Congresso ha offerto anche l’opportunità di discutere le problematiche legate ai percorsi assistenziali che la Neurologia dovrà fronteggiare nei prossimi anni.
Emicrania e cefalea cronica: le ultime novità sui farmaci
Il pensiero di Cristina Tassorelli, Professoressa di Neurologia Università di Pavia
Le scienze dell’emicrania hanno assistito a enormi progressi negli ultimi anni. I modelli preclinici e clinici sperimentali hanno contribuito in modo significativo a fornire informazioni utili sulle strutture cerebrali che mediano gli attacchi di emicrania. Questi modelli hanno chiarito il ruolo di alcune vie di neurotrasmissione, permettendo di identificare molecole-chiave nella complessa patogenesi dell’emicrania, con il risultato che, negli ultimi 5 anni, l’armamentario terapeutico dell’emicrania si è enormemente arricchito con farmaci target-specifici. Dagli anticorpi monoclonali diretti contro il peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP) o il suo recettore, che vanno somministrati per via parenterale mensilmente o trimestralmente, agli ancora più recenti gepanti, antagonisti dello stesso recettore che seguono invece la canonica somministrazione per via orale, i nuovi farmaci stanno cambiano rapidamente lo scenario gestionale dell’emicrania, grazie alla loro efficacia e tollerabilità, ma anche in virtù delle specifiche modalità di somministrazione e di dispensazione.
E mentre molte persone con emicrania che non avevano avuto beneficio dai precedenti trattamenti godono ora di un notevole miglioramento della loro qualità di vita, la ricerca continua con un nuovo anticorpo monoclonale diretto contro un diverso peptide, il PACAP, che si è dimostrato efficace nel trattamento dell’emicrania in uno studio di fase 2. Le buone notizie per medici e pazienti quindi continuano.
Ictus Cerebrale: i nuovi scenari con i farmaci trombolitici
Il pensiero di Simona Sacco, Professoressa di Neurologia Università de L’Aquila
L’ictus cerebrale è una condizione grave, che colpisce fino a una persona su cinque nei paesi ad alto reddito e quasi una su due nei paesi a basso reddito. Globalmente, rappresenta la seconda causa di morte. È importante sapere che l’ictus può essere prevenuto e trattato.
Negli ultimi anni, sono stati fatti progressi notevoli nella cura dell’ictus ischemico, la forma più comune di ictus, causata dall’ostruzione di un’arteria cerebrale da parte di un coagulo o trombo. La rimozione tempestiva di questo trombo, tramite farmaci o tecniche meccaniche, può ridurre in modo significativo il rischio di morte e di disabilità. Il trattamento farmacologico include farmaci somministrati per via endovenosa, capaci di dissolvere i trombi. Tra questi, il tenecteplase sta dimostrando di essere più efficace e facile da somministrare rispetto all’alteplase, finora il farmaco standard per il trattamento dell’ictus ischemico. In Italia, è previsto che il tenecteplase sia disponibile per il trattamento dell’ictus a partire dal prossimo anno. Parallelamente, anche i dispositivi meccanici per la rimozione dei trombi hanno subito miglioramenti significativi, permettendo di riaprire i vasi ostruiti in modo più efficace e sicuro. Le tecniche avanzate di imaging, come la tomografia computerizzata e la risonanza magnetica, supportate da software per lo studio della perfusione cerebrale e intelligenza artificiale, consentono inoltre di identificare in modo affidabile i pazienti che hanno tessuto cerebrale potenzialmente salvabile, estendendo la finestra temporale d’intervento dalle iniziali 4,5-6 ore fino a 24 ore. Questo ampliamento delle possibilità di trattamento consente oggi di intervenire su un numero maggiore di pazienti, migliorando le probabilità di sopravvivenza e gli esiti clinici.
Anche per l’ictus emorragico, la forma meno comune ma più grave causata dalla rottura di un vaso sanguigno all’interno del cervello, ci sono stati recenti progressi nelle strategie di gestione. Studi clinici hanno dimostrato che un controllo rapido della pressione arteriosa e la somministrazione di antidoti nei pazienti in terapia anticoagulante, insieme ad altre misure di supporto, possono migliorare la sopravvivenza e ridurre le disabilità. Recentemente, un importante studio scientifico ha mostrato che in alcuni tipi di emorragia cerebrale, l’evacuazione dell’ematoma tramite piccoli cateteri può apportare vantaggi significativi, aprendo nuove possibilità terapeutiche per i pazienti colpiti da ictus emorragico.
Il trattamento dell’Epilessia: il futuro delle terapie farmacologiche
Il pensiero di Angelo Labate, Professore Ordinario di Neurologia Università di Messina
L’epilessia è un disturbo cerebrale comune, caratterizzato da crisi epilettiche ricorrenti spontanee, con comorbilità neuropsichiatriche e cognitive associate e aumento della mortalità. Sebbene le persone a rischio possano spesso essere identificate, non sono disponibili interventi per prevenire lo sviluppo del disturbo. Inoltre, in almeno il 30% dei pazienti, l’epilessia non può essere controllata dagli attuali farmaci anticrisi (ASM). Come risultato dei notevoli progressi nella genetica dell’epilessia e dello sviluppo di nuovi modelli di malattia, tecnologie di screening farmacologico, di neuroimmagini e modalità terapeutiche innovative negli ultimi 10 anni, più di 200 nuove terapie per l’epilessia sono attualmente in fase preclinica o clinica, inclusi molti trattamenti che agiscono secondo nuovi meccanismi d’azione. Grazie all’individuazione di biomarcatori diagnostici e predittivi, il trattamento dell’epilessia sta subendo cambiamenti da una visione esclusiva sugli ASM che attraverso la loro efficacia e tollerabilità sono sintomatici utili alla prevenzione della refrattarietà e delle recidive, ad una visione incentrata alla persona con epilessia quindi ad una terapia personalizzata per ogni singolo individuo nella sua complessità. Le potenzialità dei nuovi farmaci di terza generazione assieme all’avanzato sviluppo di nuove terapie come a esempio quella genica porterà in un futuro prossimo a terapie meno empiriche sia per il trattamento sia per la prevenzione dell’epilessia.