lunedì, Novembre 25, 2024
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“Stop all’ictus”

di Stefania Bortolotti

L’ictus è la prima causa di disabilità nel mondo. In Italia ogni anno si verificano 200.000 nuovi casi. Corretto stile di vita e attività fisica le regole per prevenire questa grave patologia cerebrovascolare. Un’indagine del Centro Studi Sanità Pubblica dell’Università della Bicocca sul Carico Assistenziale della patologia stima nella sola Lombardia 500.000 ricoveri all’anno. Al via la campagna d’informazione “Stop all’ictus” promossa da Rotary International con il patrocinio di Regione Lombardia

L’ictus rappresenta la prima causa di disabilità nel mondo, responsabile di oltre 6 milioni di decessi ogni anno, 650.000 dei quali in Europa.

In Italia si stimano 200.000 nuovi casi l’anno, di questi 40.000 muoiono entro i primi 12 mesi e altri 40.000 perdono l’autosufficienza. I costi sono salati: 3,7 miliardi di euro, lo 0,23% del PIL. Un’indagine realizzata dal Centro Studi Sanità Pubblica dell’Università Bicocca di Milano evidenzia che nel decennio 2000-2010 nella sola regione Lombardia i ricoveri per ictus e attacco ischemico transitorio sono stati oltre mezzo milione.

L’ictus non risparmia nessuno: questa patologia peculiare dell’età avanzata, mediamente 74 anni, colpisce anche giovani adulti con numeri in crescita. Prevenire l’ictus è l’unica arma a disposizione. Per questo i tre Distretti del Rotary International della Regione Lombardia, aderendo all’iniziativa del Rotary Club Pavia Minerva, con il sostegno incondizionato di Bristol-Myers Squibb e Pfizer danno il via alla campagna di informazione e prevenzione Stop all’ictus, che avrà la durata di due anni e vede coinvolti numerosi attori tra cui le più importanti Società scientifiche e Associazioni pazienti.

Età, ipertensione e fibrillazione atriale, responsabile quest’ultima del 15-17% di tutti i casi di ictus, costituiscono i principali fattori di rischio. Variegata la sintomatologia caratterizzata da improvvisa perdita di forza a un arto, perdita di sensibilità o della visione, disturbi della parola che s’inceppa e talvolta comparsa di cefalea violenta.

sintomi ictusNon perdere tempo è la regola numero uno. Una volta giunti all’ospedale di riferimento, lo specialista neurologo allertato dal 118 valuterà la situazione con una visita clinica e con le indagini strumentali necessarie, in particolare con una TAC per la diagnosi differenziale tra ictus ischemico ed emorragico – afferma Giuseppe Micieli, direttore del Dipartimento di Neurologia d’Urgenza dell’IRCCS Fondazione Istituto Neurologico Mondino di Pavia, Rotary Club Pavia Minerva, Distretto 2050 – la distinzione è fondamentale, perché in caso di ischemia è possibile somministrare il trattamento trombolitico endovenoso per disostruire l’arteria, procedura che va effettuata molto rapidamente, entro e non oltre le 4 ore e mezza dalla comparsa dei primi sintomi, oppure il trattamento endovascolare. In caso di emorragia si procede, in taluni casi, all’intervento chirurgico in struttura dedicata di neurochirurgia. Intervenire tempestivamente può significare evitare le gravi sequele di disabilità o la morte”.

L’indagine del CESP di Milano evidenzia come in Lombardia si verifichino oltre 5 ospedalizzazioni all’anno per mille abitanti dovute ad ictus. La diagnosi più frequente è di ictus ischemico; la mortalità è decisamente elevata: 12 decessi l’anno per 100 pazienti con picchi di 16 in caso di ictus emorragico. I due terzi dei soggetti colpiti ricevono almeno una terapia farmacologica antipertensiva e un quinto ha ricevuto diagnosi di fibrillazione atriale.

I costi variano dai 6.000 euro per un attacco ischemico transitorio ai 10.000 per un ictus ischemico fino ai 20.000 per l’ictus emorragico”, osserva Lorenzo Mantovani del Dipartimento di Medicina Clinica e Chirurgia, Scuola di Medicina Università degli Studi di Napoli “Federico II”, CESP Università di Milano. Cifre in linea con la situazione nazionale.

Prevenzione, prevenzione, prevenzione. Anche alla luce del fatto che mentre l’età, uno dei principali fattori di rischio, non è modificabile, sia l’ipertensione sia la fibrillazione atriale sono modificabili – sottolinea Giancarlo Cesana, presidente IRCCS Policlinico di Milano attraverso l’attuazione di un adeguato stile di vita e tramite appropriate terapie farmacologiche dell’ipertensione e della fibrillazione atriale”.

Adottare un’alimentazione sana, eliminare il fumo, tenere sotto controllo i valori pressori e i livelli di colesterolo, far scendere l’ago della bilancia e dedicarsi a regolare esercizio fisico, sono le semplici regole da seguire per prevenire l’ictus.

È necessario agire: in Italia non più del 40% delle persone colpite da un evento cerebrovascolare arriva in una Stroke Unit entro le prime 4 ore dal manifestarsi dei sintomi. Per questo campagne di informazione e prevenzione come “STOP all’ICTUS” sono necessarie.

Interessantissima iniziativa questa, per portare alla ribalta l’incidenza e il conseguente impatto socio-economico della patologia ischemica cerebrale; l’auspicio è che quanto prima, attraverso una rete in grado di coinvolgere tutti i soggetti interessati, si riesca a raggiungere l’obiettivo di ridurre l’impatto socio-economico limitando l’incidenza e le sequele della patologia ischemica fondamentale”, afferma Fabio Rizzi, presidente Commissione Sanità e Politiche Sociali della Regione Lombardia.

L’intenzione dei promotori è declinare in modo capillare la comunicazione riguardante questa grave patologia cerebrovascolare (cosa fare quando arriva un ictus e come prevenirlo) a livello locale, attraverso vari strumenti quali i media televisivi, radiofonici e della carta stampata oltre ai social network ma soprattutto attraverso incontri diretti con i cittadini in diverse sedi (Unitre, Centri sociali, piazze, scuole, etc.).

Abbiamo iniziato a programmare tutta una serie di iniziative – racconta il professor Micieli con eventi in piazza, oppure attività che richiamino i fattori di rischio e il loro trattamento (camminate e screening dei gruppi a rischio per patologie cerebrovascolari, suddivisi per fasce d’età e per professioni più esposte all’insorgenza di ictus) o, ancora, manifestazioni non scientifiche che possono fungere da veicolo ideale per informazioni specifiche sulla patologia”.

Al termine dei due anni, si procederà a valutare le ricadute della campagna Stop all’ictus in termini di efficacia rispetto ad alcuni indicatori prescelti (tempo di arrivo in ospedale, tempo di esecuzione delle indagini diagnostiche, numero dei trattamenti trombolitici ed endovascolari, miglioramento degli esiti). Si attendono significativi miglioramenti, segnale che la campagna di informazione e prevenzione ha funzionato e, magari, potrà diventare modello esportabile di prevenzione dell’ictus in altre regioni del Paese.

cuoreLa fibrillazione atriale (FA) è una aritmia cardiaca (battito irregolare del cuore) caratterizzata da una completa irregolarità dell’attivazione elettrica degli atri, le due cavità superiori del cuore.

La fibrillazione atriale è la forma più diffusa tra le aritmie: colpisce secondo stime più di 5,8 milioni di americani e 6 milioni di europei. In Italia si stima che oltre 500.000 persone siano affette da tale patologia.

Normalmente ogni battito cardiaco prende il via da un gruppo di cellule nell’atrio destro che inviano ciclicamente impulsi elettrici a tutto il muscolo cardiaco (60-80 al minuto in condizioni di riposo), provocandone la contrazione.

Nel cuore in fibrillazione atriale gli impulsi sono inviati in maniera estremamente disordinata e caotica, questa è la ragione per cui il battito cardiaco diventa irregolare e il numero di contrazioni delle pareti cardiache è assolutamente variabile e pertanto inefficace per la corretta spinta del sangue.

La fibrillazione atriale più comune è quella non-valvolare, o NVAF (Non Valvular Atrial Fibrillation). Si stima che il rischio di sviluppare una fibrillazione atriale nel corso della vita sia di circa il 25% per gli individui oltre i 40 anni di età.

Le persone affette da fibrillazione atriale hanno un rischio 5 volte maggiore di essere colpiti da ictus rispetto alla popolazione generale e questo a causa dei coaguli di sangue che si formano per la patologia e che si depositano negli atri.

Di fatto sono attribuibili a fibrillazione atriale il 15% di tutti i casi di ictus e un quarto di quelli che colpiscono individui oltre gli 80 anni. Si stima che un individuo su 4 sia a rischio, dopo i 40 anni, di morire per fibrillazione atriale.

Gli ictus dovuti a fibrillazione atriale sono più gravi di quelli legati ad altre cause: il 24% dei pazienti muore entro il mese successivo, 1 paziente su 2 (50%) non sopravvive a un anno.

Negli Stati Uniti due terzi dei pazienti con fibrillazione atriale colpiti da ictus muoiono o esitano in deficit neurologici permanenti che richiedono assistenza a lungo termine

 

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