La prima, considerevole ondata di peste del 1485, fece subito riflettere le autorità milanesi, le quali vollero anzitutto ricercare un luogo idoneo per poter isolare il gran numero di ammalati rispetto al resto della popolazione senza sintomi.
Dopo essere state discusse diverse proposte, fu presa in considerazione un’area nei pressi di Porta Orientale (oggi Porta Venezia), abbastanza vicina alla chiesa di San Gregorio. È proprio qui che ebbero inizio i lavori del futuro Lazzaretto.
Il progetto appartenne all’architetto luganese Lazzaro Palazzi, allievo del Bramante, il quale, dopo aver contribuito alla costruzione di alcune chiese a Lodi e a Piacenza, ritornò a Milano per dedicarsi anima e corpo alla realizzazione del Lazzaretto (anno 1488). In molti si chiedevano se, in tale costruzione, ci fosse stato lo zampino del grande Donato Bramante.
Furono previste in totale trecento stanze con le seguenti caratteristiche: una finestra con inferriata per comunicare con l’esterno, una finestra più piccola, un camino alla francese, pavimento e letto in mattoni, una latrina.
Quelle trecento stanze, se raffrontate con i 16mila ricoverati di cui cui il Manzoni ci diede notizia (peste del 1630), rappresentavano ovviamente ben poca cosa. Di qui la necessità di allestire nel vasto giardino della costruzione una nutrita serie di baracche e tende d’emergenza, anch’esse rivelatesi ben presto insufficienti.
Dobbiamo comunque ammettere che l’opera muraria, prima di trasformarsi in maleodorante ospizio, era stata ammirata da quei pochi visitatori che entravano in Milano alla scoperta di novità edilizie.
Nel 1633 il Lazzaretto, pulito a dovere e soprattutto disinfestato, venne riconsegnato all’uso pubblico. Se ne prese cura l’Ospedale Maggiore e, dopo un periodo abbastanza lungo di riconquistata “libertà”, la costruzione subì un duro colpo inferto da parte delle truppe napoleoniche.
Esse stanziarono qui un’importante postazione militare e purtroppo trovarono alloggio non soltanto soldati, ma anche cavalli. Dulcis in fundo, si fa per dire, la chiesetta cinquecentesca dedicata a San Carlo, che era stata collocata all’interno, fu trasformata in deposito per polvere da sparo.
Ma la storia non finisce qui. Dopo la pestilenza e dopo Napoleone, il Consiglio degli istituti ospedalieri, nell’aprile del 1881, decise di mettere in vendita l’intera area del Lazzaretto. E gli alloggi iniziarono ad essere trasformati in abitazioni mentre la chiesetta divento’ incredibilmente un fienile. Oltre a ciò, un inopportuno viadotto ferroviario taglio’ in due la costruzione.
Ne aveva preso possesso la “Banca di Credito Italiano” la quale, per una cifra aggirantesi sui due milioni di lire, aveva lottizzato l’area destinandola a edifici popolari. E nella primavera del 1882 iniziò la demolizione del Lazzaretto, lasciando in piedi solo una piccolissima parte ora visibile in via San Gregorio e la chiesetta, finalmente riconsacrata.