di Carlo Radollovich
Numerosi cittadini hanno letto, sicuramente con vivo rammarico, l’articolo “Ucciso dal virus e derubato in ospedale” apparso sul “Corriere Milanese” del 15 gennaio. Non esistono parole adatte per commentare questa deprecabile notizia cha ha coinvolto una nostra attenta lettrice, la signora R. e l’intera sua famiglia, già affrante per la morte del marito e del caro papà signor O., 77 anni, avvenuta a seguito del Covid, e pure lei debilitata e scioccata essendo risultata positiva al morbo.
Come da desiderio espresso dalla famiglia, non pubblichiamo i relativi nomi. Ricordiamo che la signora R., dopo la dipartita del marito, si aspettava di ricevere tutti i suoi effetti personali e cioè la fede di matrimonio, una collanina d’oro, un telefonino e un orologio di famiglia, antico, che portava al polso da sempre.
Ma con enorme e tristissima sorpresa, la povera vedova si sentiva rispondere che nel locale in cui di norma vengono depositati gli averi dei pazienti (non soltanto oggetti preziosi, ma anche eventuali libri o ricordi personali), non figurava assolutamente nulla a disposizione degli eredi. Anche un figlio della coppia, estremamente turbato per la mancanza di oggetti considerati giustamente di alto valore affettivo, si sentiva profondamente insultato per l’accaduto, tanto da sentirsi incredibilmente vittima anche degli sciacalli.
Va ricordato che, dopo la cremazione, i figli avevano iniziato a chiedere quanto in possesso del defunto per poi consegnare il tutto alla mamma.
I tempi d’attesa erano di circa dieci giorni, lo si sapeva, e la signora R., per non oltrepassare tale termine, si sarebbe recata di persona presso l’ospedale, addirittura con un ritardo di alcuni giorni, per ritirare gli effetti personali del marito, malgrado la sua estrema debolezza.
E quando gli addetti le riferivano che non esisteva nulla in giacenza, un immenso dispiacere, accompagnato da incredibile amarezza, pervase tutta la sua già provata persona.
Ci si chiede: non esiste presso gli ospedali un’apposita assistenza relativa ad una accurata vigilanza o sorveglianza che possa assicurare l’intoccabilità degli oggetti di valore depositati dai pazienti ? E’ vero che, in tempo di Covid, tutti questi averi devono essere sottoposti a sanificazione e questo potrebbe comportare qualche intralcio, ma ciò non deve travalicare i confini di una ovvia e naturale sicurezza che deve essere, in ogni caso, puntualmente garantita. E se i beni più preziosi venissero sempre custoditi in una cassaforte ?
E’ difficile confrontarci con la burocrazia italiana, spesso presente anche a livello ospedaliero. Ci auguriamo comunque che i casi lamentati, come quello purtroppo descritto, non abbiano più a ripetersi in futuro.