di Carlo Radollovich
Ricordiamo brevemente la storia dei nostri vigili urbani attraverso un significativo excursus. Nella Milano medievale erano nate alcune associazioni, tra cui la “Credenza di Sant’Ambrogio”, nelle cui file militavano persone giovanissime, di origine popolare, le quali avevano incarichi di vigilanza sulla popolazione, ma difendevano allo stesso tempo le classi più deboli cercando di sopire intollerabili soprusi che provenivano dal ceto nobile.
Tali coraggiose persone, che potremmo forse definire “poliziotti” ante litteram, vennero inquadrati con un altro genere di incarichi (ossia con compiti specifici di sorveglianza) dal duca di Milano Ludovico Sforza, detto il Moro, affinché pattugliassero durante le ore notturne tutte le Porte della città.
Poi giunsero a Milano gli spagnoli, i quali adottarono lo stesso concetto di sorveglianza, a difesa delle Porte cittadine. Quando la città venne soggiogata dai francesi, molti compiti passarono alla Guardia napoleonica.
Caduti i Transalpini, ecco nascere un vero e proprio Corpo dedito alla Sicurezza, sotto il diretto controllo delle autorità austriache di Vienna.
Ma eccoci finalmente all’Unita’ d’Italia, quando Vittorio Emanuele II istituì la “Milizia Comunale”, approvata dalla Giunta milanese a capo della quale vi era il neoeletto sindaco Antonio Beretta. Ecco quindi sorgere i “guardiani” della città, vestiti di nero, con in capo un cilindro di feltro che richiamava la forma di un tubo di…ghisa. Sempre attenti e sempre disponibili nei riguardi dei cittadini, percepivano uno stipendio di 90 lire mensili.
Nel 1898, anno tristemente noto per i fattacci cittadini causati dal generale Bava Beccaris, il Corpo degli Agenti di Sorveglianza Urbana veniva sottoposto a un duro addestramento. L’uniforme si trasformò (vedi foto). Venne eliminato il cilindro, sostituito con particolare cappello. Potremmo pure segnalare che la divisa appariva decisamente ispirata a quella dei colleghi inglesi.
Nel 1908, quando un violento terremoto rase al suolo diverse località siciliane e calabresi, i nostri “ghisa” si prodigarono con tutte le loro forze aiutando molti profughi.
Terminato il primo conflitto mondiale, Milano si presentava davvero stremata. I nostri agenti urbani contribuirono a consegnare aiuti e altri beni di prima necessità ai più poveri e disagiati, aiuti messi a disposizione dal Comune.
Nel 1920, il termine “sorvegliante” venne sostituito dal più moderno “vigile”. I nostri vigili, per l’appunto, iniziarono in quell’anno a disciplinare le prime correnti di traffico automobilistico. Solo nel novembre 1925 venne installato il primo semaforo milanese, all’incrocio tra piazza Duomo e via Orefici.
Poi, ecco la seconda guerra mondiale, con i vigili sempre presenti presso le case bombardate, intenti a prestare aiuto anche con il recupero di effetti personali.
In seguito, citiamo la figura del vigile di quartiere, nata nel 1975, e la successiva apparizione della prima donna vigile nel 1976.