di Ugo Perugini
Alle Gallerie d’Italia- piazza della Scala – insieme a Sergio Toffetti – Aldo Grasso e Sandra Milo, hanno presentato il libro su Fellini.
“Il libro dei sogni di Federico Fellini ”, alla seconda edizione, è un grosso volume curato da Sergio Toffetti, che cerca con successo di ricreare il mondo immaginario del grande regista di cui quest’anno si festeggiano i 100 anni dalla nascita. I proventi dei diritti d’autore del volume andranno al Comune di Rimini, dove Federico nacque il 20 gennaio 1920.
In questo volume sono raccolte, oltre a foto tratte dai suoi film e dai backstage di lavorazione, anche i numerosi scritti e disegni che egli realizzò su consiglio di uno psicanalista junghiano, Ernst Bernhard, al quale si era rivolto in un momento di depressione. I suoi disegni, a metà tra quelli di Jacovitti e Maccari, risentono delle sue prime esperienze al “Marc’aurelio”, la rivista satirica alla quale collaborò per qualche tempo.
In questi disegni, onirici, erotici sono rappresentate tutte le sue visioni fantastiche ma anche i suoi sguardi sul mondo e la città di Roma; abbozzi di visi di gente comune, prostitute con corpi esagerati, ridondanti, personaggi famosi, anche politici come Moro, Craxi, Leone, Almirante. E la descrizione di sogni assurdi come quello in cui si iscrive alle Brigate Rosse ma poi ci ripensa anche se Trombadori gli consiglia di non farlo.
In questa atmosfera da sogno, un po’ delirante, qualcuno ha anche visto Fellini come un rabdomante o un profeta: nel suo ultimo film “La voce della Luna”, il protagonista, interpretato da Benigni, si chiama Salvini…
Ma il pianeta fantastico di Fellini non è facile da cogliere, c’è – come dice lo stesso Toffetti – un lato oscuro che sfugge ai più e che lui riesce a trasferire nelle sue opere cinematografiche. Con Fellini – come suggerisce Aldo Grasso – muta anche la figura del regista che non è più l’Autore di un prodotto cinematografico, ma un vero e proprio artista che si confronta con pittori, scultori e dà libero sfogo ai suoi sogni, alle sue visioni, compiendo l’opera di traghettare il cinema italiano oltre il neorealismo che tanto impressionava i nostri politici. Ricordiamo Andreotti quando disse che “i panni sporchi si lavano in famiglia”, commentando il film di De Sica “Ladri di biciclette” che metteva in mostra le drammatiche condizioni economiche nell’Italia nel dopoguerra.
Fellini, qualcuno dice, fu anche amico di Andreotti. Non sappiamo se è vero; è certo che come tutte le personalità complesse fu contraddittorio, forse bugiardo, come sosteneva Sordi, o – come suggerisce Aldo Grasso – una specie di giocoliere, considerata anche l’estrema attenzione, quasi maniacale, con la quale curava la realizzazione dei suoi film, seguiva i tempi, i movimenti e le espressioni dei suoi attori, entrando quasi nei personaggi che voleva rappresentare. Forse Mastroianni, il suo attore preferito, non era altro che l’idea che Fellini aveva di se stesso.
Anche lui, probabilmente, pensava che l’uscita dal neorealismo non dovesse significare la supremazia della finzione, dell’illusione, contrabbandata per realtà. Di fronte alla realizzazione dei rulli coperti di plastica blu che dovevano rappresentare il mare nella scena del film “E la nave va…” sembra abbia detto ai tecnici che aveva a fianco “Ma non è che poi credono che sia vero?”.
Simpatiche anche le annotazioni di Sandra Milo su certi retroscena personali e familiari di Fellini e il suo rapporto con la moglie Giulietta. In una stanza del loro appartamento, che Giulietta mostra a Sandra, vi erano splendidi vestiti da sera che Federico però non voleva che la moglie indossasse in pubblico. E lei, da brava moglie borghese, obbediva, interpretando il suo gesto come una grande prova d’amore.