di Carlo Radollovich
Diversi politici statunitensi, spinti in parte da un’opinione pubblica legata ad alcuni fatti avvenuti in passato e forse non ancora metabolizzati, si dichiarano favorevoli alla rimozione di sculture (oltre 1500) legate ai generali e a quei comandanti militari degli undici Stati confederati che dapprima annunciarono la secessione, per poi accendere le micce della ben nota Guerra Civile americana (1861-1865) che causò complessivamente la morte in battaglia di 140mila nordisti e 72mila sudisti.
Per contro, altre personalità degli USA non desiderano rimuovere tali monumenti perché appartengono, senza alcun dubbio, alla storia degli Stati Uniti.
Resta però il fatto che nello scorso mese di agosto le autorità di Baltimora, nel Maryland, hanno rimosso sei statue sudiste, tra cui alcune che raffiguravano il generale Robert Lee, il condottiero sudista di spicco durante la Guerra Civile. Inoltre a Durham, nel North Carolina, alcuni giovani hanno preso a calci la statua di un soldato sudista, per poi abbatterla tra sputi e parolacce.
Potrebbe fare la stessa fine la colonna che a Chicago, nel Burnham Park, celebra la trasvolata Orbetello-Chicago di venticinque aerei Savoia Marchetti, agli ordini del generale Italo Balbo, effettuata tra luglio e agosto 1933. Perché un certo accanimento verso tale colonna, che dopo tutto rappresenta un significativo lembo di storia italo/americana? La risposta è semplice: venne donata da Benito Mussolini e alcune autorità comunali di Chicago se ne sono rammentati.
Non appena avuto notizia della possibile rimozione, il sindaco di Sesto Calende, cittadina nella quale furono costruiti i Savoia Marchetti, ha subito preso carta e penna per indirizzare una lettera al sindaco della città americana. Nel malaugurato caso che fosse decisa la rimozione della colonna, egli chiederebbe un suo trasferimento a Sesto Calende, facendosi ovviamente carico di tutti gli oneri finanziari derivanti. E’ chiaro il grande valore simbolico del gesto italiano, affinché la trasvolata oceanica non venga mai dimenticata, indipendentemente da colui che effettuò la donazione della colonna.
Ma contemporaneamente si spera pure che la colonna resti dov’è, a ricordo non certo di un fatto politico, ma di un avvenimento da celebrarsi soltanto in senso strettamente storico.