Questo giorno di festa, anche nel secolo scorso, era dedicato alle gite in carrozza fuori porta, alle scampagnate nelle varie località della provincia (per coloro che potevano permetterselo) o più semplicemente alle merende sui prati vicini a casa. Insomma, una giornata di riposo da godere in compagnia di amici, lontani da impegni di lavoro, seppure per poche ore.
Agli inizi dell’Ottocento era quasi d’obbligo, per chi non intendeva riposare o per chi non voleva rinunciare a rifugiarsi in qualche osteria, effettuare una visita alla sagra dei “tencitt” che si svolgeva tra piazza Santo Stefano e l’attuale via Laghetto.
Qui, i “tencitt”, dal dialetto “tenc” ossia “annerito”, erano operai che scaricavano non soltanto marmi destinati alla fabbrica del Duomo, ma anche legnami e soprattutto carbone, materiale che li conciava a tal punto da sembrare tinti di nero.
La sagra consisteva in diverse bancarelle di generi alimentari, vestiario e articoli vari. Ritornando ai “tencitt”, va menzionato che essi non vennero mai attaccati dalle diverse epidemie che si susseguirono in città. Come mai ? Alcuni medici riuscirono ad accertare, al di là delle protezioni celesti alle quali questi operai si raccomandavano, che la polvere di carbone, grazie al suo potere assorbente e pure disinfettante, riusciva a sconfiggere quei bacilli patogeni che il sudiciume delle persone provocava.
Passando ad altra osservazione, una delle associazioni medievali che rappresentavano artigiani e operai, ossia il cosiddetto Paratico dei carbonai, fece dipingere un quadro ove appariva la Madonna con ai piedi i Santi che venivano invocati al tempo della peste e cioè Sebastiano, Carlo e Rocco.
La sacra immagine, protetta da imposte di legno e collocata nella vecchia parrocchiale di Santo Stefano, veniva liberata da questa protezione soltanto a Ferragosto per poi essere esposta alla venerazione dei fedeli.
Ora le imposte che proteggono il dipinto restano chiuse per sempre e i “tencitt” evocano soltanto un vecchio ricordo; di quando erano gli animatori della sagra ferragostana, procedendo pure a illuminare un buon tratto di Naviglio con numerose luminarie che trasmettevano allegria e buon umore.
Peccato che queste espressioni di sana popolarità siano state seppellite dal tempo. Accanto alle molte distrazioni che la giornata di Ferragosto è oggi in grado di offrire, si sarebbe potuto tentare di far rivivere, almeno in parte, questa antica e interessante tradizione.