Quando alla domenica, o in altri giorni festivi, si ricevevano in famiglia ospiti di particolare importanza, la vecchia cucina milanese (riscoperta di recente con opportune modifiche) riusciva a mettere in tavola ogni tipo dì specialità.
Si iniziava con l’immancabile antipasto a base di affettati di lingua salmistrata, prosciutto, pancetta, salame morbido oppure il classico Felino, il tutto contornato da saporiti cetriolini, cipolline e peperoncini sott’aceto. Sempre tra gli antipasti non era raro offrire i gustosi nervetti con le cipolle ossia tendini di vitello estratti dal ginocchio dell’animale, precedentemente fatto bollire con accuratezza.
I primi piatti facevano il loro trionfale ingresso tra raviolini in brodo e l’amato risotto giallo, il cui colore era ed è ottenuto con il ben noto zafferano d’Aquila, arricchito talvolta con pezzettini di salsiccia, la famosa “luganega”.
I secondi piatti non erano soltanto incentrati sull’apprezzato bollito misto, composto generalmente da lingua di vitello, biancostato e cotechino (il tutto aromatizzato con salsa verde preparata in casa), ma anche sull’anitra arrostita con contorno di patate al forno e insalatina fresca di stagione, ove possibile.
L’offerta di formaggi, tenuto conto del pranzo particolarmente ricco, veniva rifiutato da alcune persone, ma i buongustai non sapevano rinunciare a qualche piccola fetta di grana o di Taleggio.
Infine veniva servita una sana macedonia di frutta a conclusione dell’abbuffata, senza però dimenticare la ciambella soffice e il caffè ottenuto con la “napoletana”. Per il brindisi era quasi d’obbligo ricorrere ad un goccio di liquore amaro o al grappino, ritenuto nel secolo scorso un vero elisir per la buona digestione.
Ci si chiede se gli stomaci delle persone di mezza età siano oggi in grado di “ospitare” il ben di Dio sopra descritto. Certamente dovrebbero accontentarsi di porzioni alquanto più ridotte, con il pensiero rivolto ai crescenti livelli di colesterolo…