Una leggenda risalente al 1625, anno in cui la grande carestia inizia a procurare notevoli insofferenze soprattutto ai poveri diavoli lombardi, narra che un anziano padre, di fragile costituzione, si ammala gravemente perché non in grado di nutrirsi a sufficienza.
La storia si svolge a Vimodrone, località assai vicina a Milano, ove le mappe di un tempo segnalavano che un’antica strada romana, la via Gallica, attraversava il paese.
L’uomo, un certo Luigi, continua non soltanto a dimagrire, ma anche a deperire. La moglie, consigliata da una vicina, vorrebbe acquistare un buon numero di uova per poi cucinarle in un impasto speciale, considerato a quei tempi addirittura rivitalizzante.
La donna svuota un vecchio borsellino di famiglia, in cui è rimasto un ultimo gruzzolo di soldi, e prega la figlia più piccola, Lucia, di andare a comperare una dozzina di uova presso il fattore distante circa un chilometro da casa.
La ragazza è partita da qualche minuto e la madre si accorge che le condizioni del marito stanno notevolmente peggiorando. Lui rifiuta un sorso d’acqua e, dopo qualche istante, muore. La madre è angosciata, si dispera e pensa anche di non poter dare al marito una degna sepoltura, perché mancano i soldi, anche quelli per il funerale.
Potrebbe pagare più in là nel tempo, ma occorre disporre almeno di un acconto. Sorge in lei un’idea. Considerato che le dodici uova per Luigi ormai non servono più, prega Lucia di ritornare dal fattore al fine di restituirgli l’acquisto effettuato, chiedendo i soldi di ritorno.
La ragazza, come d’accordo, spiega al fattore la tragica situazione e questi rimane dolorosamente sorpreso. Dapprima tenta di consolare la ragazza e poi le sussurra: “Ti restituisco i soldi, ma voglio che tu e la tua famiglia tratteniate le uova, pregando Iddio che il papà possa sempre assistervi anche da Lassù” .
Qualche settimana più tardi, il cardinale Federico Borromeo viene a sapere della buona azione compiuta dal fattore. Lo convoca e gli impartisce una speciale benedizione.
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