di Antonio Barbalinardo
Nella ricorrenza del quarantesimo anniversario dell’assalto delle brigate rosse alla sezione della Democrazia Cristiana di via Mottarone, 5, allora territorio della Zona 20, oggi Municipio 8, desidero riportare quanto scritto da Antonio Iosa lo scorso anno nel ricordo di quel momento tragico.
<<39 anni fa, il 1° Aprile 1980 le brigate rosse della colonna Walter Alasia condannarono a morte me e altri tre amici democristiani quali Eros Robbiani segretario della sezione; Emilio Be Buono direttore del Circolo Culturale Prealpi e l’onorevole Nadir Tedeschi membro del Consiglio Nazionale della DC durante l’attentato terroristico compiuto presso la sezione DC di via Mottarone 5 a Milano, in un’azione di rappresaglia per l’uccisione di quattro terroristi il 28 marzo in via Fracchia a Genova da parte dei Carabinieri dell’antiterrorismo. Quando il giovane brigatista, imbavagliato e incappucciato, mi prescelse per il rito dell’esecuzione sommaria assieme ad altri tre amici di partito osai rivolgergli la parola dicendogli: “Non spararmi ho moglie e due figli di 7 e 10 anni”. La risposta del terrorista fu quella di puntarmi la pistola alla tempia sinistra, urlando: “Inginocchiati Stronzo!”.
Poi insieme ad altri tre amici fui sospinto in fondo alla parete della sala per il rito dell’esecuzione, al quale assistevano atterriti una quarantina di soci ammutoliti. Il commando delle brigate rosse, composto da quattro terroristi, c’ingiunse d’inginocchiarsi, ma nessuno dei quattro lo fece, e allora ebbero un momento d’esitazione di fronte alla presenza del pubblico che assisteva alla macabra scena. Per fortuna anziché mirare alla testa come avevano deciso, i terroristi esplosero i colpi delle armi da fuoco mirando alle gambe e non alla testa. Fu la nostra salvezza!
Gli anni di piombo sono tuttora una “Ferita aperta” e le vicende dei terroristi fuorusciti e il caso emblematico di Cesare Battisti del Pac confermano quanto sia difficile chiudere la stagione degli “Anni di Piombo”, quando la consapevolezza del male compiuto e il ravvedimento sono troppo tardivi…
I terroristi non sono stati né eroi, né nuovi partigiani per regalarci un mondo migliore con un regime comunista in Italia, ma sono “ora e sempre” da considerare delinquenti e assassini di vittime innocenti. La lotta armata fu una tragedia nazionale che provocò 489 vittime e migliaia di feriti, seminando odio, violenza, fanatismi, omicidi, stragi e distruzione dei valori umani, sociali e democratici.
Bene fa la nostra Costituzione a rieducare tutti i detenuti nelle carceri e anche i terroristi per recuperarli e integrarli nella società. Non è invece scritto nella nostra Costituzione un comma che legittima la lotta armata, dia un riconoscimenti a chi ha commesso delitti politici e tanto meno preveda di mettere in cattedra gli ex terroristi, come spesso accade nella realtà della situazione politica di ieri e di oggi. Assistiamo con sgomento a terroristi che continuano a predicare il mito rivoluzionario della lotta armata con le loro convinzioni da irriducibili e sono anche invitati a partecipare a iniziative culturali, convegni e lezioni educative salendo in cattedra persino in ambienti istituzionali per parlare della lotta armata come pentiti, dissociati o nostalgici di un stagione di odio e di violenza…
Molti cosiddetti “pentiti o dissociati” cercano sempre la giustificazione dell’assassinio politico in nome di un fanatismo ideologico e in virtù di una presunta giustizia riparativa che di fatto legittima la lotta, equiparando vittime e carnefici in un unico concetto di sofferenza e d’ingiustizia patita: le vittime con l’uccisione dei loro cari, i carnefici con la carcerazione inflitta da uno Stato detentore assoluto della violenza, per cui viene chiesta l’abolizione carceraria per sostituirla con l’utopia del sistema della giustizia riparativa che spesso aggrava i problemi e distorce la verità storica per mancanza di consapevolezza di chi commette il male e preferisce che il carcere sia anche un centro di educazione alla malavita e al non pentimento…..>>.
La testimonianza è lunga e non si può riportarla tutta. Antonio Iosa ogni anno esprimeva una riflessione su quanto aveva vissuto lui e le altre vittime di quell’assalto in via Mottarone, ma rifletteva anche su tutto il periodo storico del terrorismo poiché lui era anche il Referente della Regione Lombardia di AIVITER Associazione Italiana Vittime del Terrorismo inoltre, assieme all’allora cardinale Carlo Maria Martini, aveva avviato il dialogo con alcuni terroristi che si erano pentiti.