Nasce a Roma nel 1924, figlia di un critico d’arte e sorella di un noto regista cinematografico, Franco Maselli (1930 – 2023), conosciuto tra l’altro per “I delfini” e per “Gli indifferenti”, un apprezzato film tratto da un romanzo di Alberto Moravia.
Dopo le medie inferiori, Titina frequenta con impegno il liceo classico, ma già da ragazza mette in evidenza un talento tutto particolare per la pittura. Coglie subito, con forte intuizione, la base con cui si muove la società, ricca a suo avviso di preziose energie.
Mostra al tempo stesso una notevole dose di coraggio nel voler rompere con certe noiose tradizioni, andando contemporaneamente alla ricerca di “qualcosa di nuovo”. Vende a vent’anni il suo primo quadro e ad acquistarlo è Corrado Gualino, un collezionista torinese che ama circondarsi di un clima culturale di spicco.
Arriviamo, tutto sommato presto, alla prima mostra personale di Titina, che avviene nel 1948. Si tratta di un vero e proprio esordio ed ecco come lo scrittore e poeta Corrado Alvaro (1895 – 1956) lo giudica: “Ella ardisce di mettere in un quadro un telefono, una macchina da scrivere nonché una di quelle cartacce che la notte fanno un grumo bianco sull’asfalto della città”.
E’ in effetti evidente, nella sottolineatura di Alvaro, lo sforzo compiuto dalla Maselli nell’inserire nei suoi quadri “qualcosa di nuovo”. Lei partecipa per la prima volta, e con successo, alla Biennale di Venezia del 1950, mentre nel 1952 la troviamo a New York, ove si tratterrà sino al 1955.
Le sue opere relative a questo periodo sono improntate ad una ricca forma di futurismo. Negli anni Sessanta, dopo essere stata a Vienna e a Parigi, si trasferisce a Roma, avvicinandosi alla Pop art.
Ma la sua vera passione sarà rappresentata dall’astrattismo, visione che è considerata da Titina come fondamentale per sue diverse opere. Tuttavia, mentre lei si trasferisce nuovamente a Parigi (1980), notiamo una Titina impegnata anche su un altro fronte, quello della scenografia teatrale.
Sono numerosi i lavori che realizzerà e di lei si dichiareranno entusiasti alcuni registi francesi tra cui Gilles Ailland e Bernard Sobel, oltre al nostro Carlo Cecchi. Ritornando alla sua amata pittura, segnaliamo che la sua ultima personale scatta nel 1998 presso l’Istituto Italiano di Cultura di Strasburgo.
Si ammala purtroppo nel 2004 e ci lascia per sempre nel febbraio dell’anno successivo.