sabato, Dicembre 7, 2024
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Sergio Romano: l’arte nella guerra, bottino o feticcio

Sergio Romano, storico, scrittore, giornalista e diplomatico presenta il suo nuovo lavoro intitolato “L’arte in guerra”, uno snello libretto edito da SkiraMiniSaggi, che affronta il ruolo dell’arte nelle guerre degli ultimi due secoli. Arte come terreno di conquista, di potere, di dominio, amata ma anche odiata e distrutta quando viene identificata con lo stesso nemico.

Il luogo in cui è avvenuta la presentazione del libro – Brera – è emblematico in questo senso. La Sovraintendente, Sandrina Bandera – presente all’incontro insieme a Lutz Klinkammer, dell’Istituto storico germanico di Roma, e al giornalista Marco Carminati – sottolinea che la Pinacoteca di Brera, infatti, è un Museo fondato proprio grazie alle conquiste napoleoniche.

Romano, con il suo stile chiaro e preciso, sorretto da una cultura profonda, ha saputo delineare i momenti della storia degli ultimi due secoli in cui l’arte non è stata solo “la sfera che porta alla salvezza intra-mondana”, come diceva Weber, ma è diventata, a seconda delle circostanze, bottino di guerra, asservimento all’ideologia dominante o feticcio nemico da distruggere.

Le tesi portate avanti da Romano sono sorrette da un apparato bibliografico estremamente approfondito che rende il libro interessante anche per chi affronta questi temi per la prima volta e lo aiuta nel caso abbia intenzione di saperne di più.

D’altra parte, gli spunti forniti dal libro sono numerosi e anche complessi. Ad esempio, l’idea napoleonica della liberazione dell’arte, arricchendo i musei, in primis il Louvre, ma come abbiamo visto anche Brera, senza tenere conto della provenienza delle opere d’arte, ma cercando di enfatizzare la sua funzione pedagogica nei confronti dei cittadini.

Il tema delicato dei musei etnologici, arricchitisi grazie alle ruberie dei paesi dominanti; il fenomeno del collezionismo, che ha un peso non indifferente nel mercato e che si regge e continua a reggersi anche grazie alla spregiudicatezza di certi mercanti che vendono opere trafugate. Romano definisce questo comportamento un costume non solo predatorio. L’idea alla base è quella dell’accumulo, della necessità, quasi compulsiva, di raccogliere un numero sempre maggiore di oggetti d’arte.

Il tema complesso della politica artistica di Hitler, come noto, pittore fallito. La Mostra del 1937 contro l’arte degenerata, in cui vengono esposte al pubblico ludibrio opere espressioniste, astrattiste, cubiste, ecc. è l’apice di questo atteggiamento. In quella circostanza furono confiscate migliaia di tele, poche distrutte, il resto vendute all’asta a musei americani e svizzeri. Romano sostiene che l’arte giudaica non era certo l’obiettivo principale di quell’operazione anche perché il suo peso in quel periodo era praticamente insignificante. E i pochi pittori ebrei presenti erano ormai secolarizzati.

Il libro di Romano è utile soprattutto quando narra quello che è accaduto più recentemente. L’incendio della biblioteca di Sarajevo, la distruzione talebana dei Buddha, il saccheggio del museo di Baghdad, quello del Cairo, tanto per fare qualche esempio, perché ci fa capire il pericolo che corre l’arte quando gli uomini si combattono e invita tutti a essere sempre vigili nella difesa dei valori che l’arte ci trasmette.

Ugo Perugini

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Sergio Romano – L’arte in guerra – Edizioni SkiraMiniSaggi – 88 pagine – € 9,00

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