Il teatro è un mezzo come un altro per sbarcare il lunario nella gloriosa tradizione della Commedia dell’Arte. E per due imbroglioni e guitti, come Pasquati e Salimbeni – realmente vissuti tra Cinque e Seicento e che, dopo aver rischiato l’Inquisizione, vivono alla giornata – diventa un’occasione da non perdere, visto che è stato loro richiesto di recitare a Venezia, niente di meno che di fronte a Enrico III di Valois.
Certo non è un’impresa facile, considerato che si tratta di mettere in scena un dramma come “Romeo e Giulietta”. I due ci provano lo stesso ma devono reclutare una donna per interpretare il personaggio principale. E la scelta va niente meno che su Veronica Franco, che a quei tempi era una cortigiana d’alto bordo: una escort dei giorni nostri. E gli spettatori assistono quindi a questa prova, sgangherata e improvvisata, da parte degli attori.
Certamente, il povero Shakespeare ne esce malconcio e la sua tragedia è una occasione per riderci su e fare del teatro un mezzo per attivare la partecipazione del pubblico, che diventa il vero protagonista, come massa che si schiera con i Capuleti o i Montecchi, che esprime il dissenso per l’omicidio di Mercuzio, e che suggerisce parole a caso per rendere ancora più ardita e spericolata l’improvvisazione del canovaccio degli attori in scena che per altro se la cavano egregiamente.
Il tutto condito con l’irriverenza dei dialetti, dal veneto al toscano, dal romagnolo al napoletano (gustosa la parodia di Frate Lorenzo), qualche accenno all’attualità, qualche musica e soprattutto la brillante verve dei tre artisti Anna De Franceschi, Michele Mori, Marco Zoppello (anche autore del soggetto e regista) che si prodigano con l’indispensabile dose di autoironia.
Se il teatro vive e sopravvive lo si deve sempre e solo al pubblico. Coinvolgerlo è uno dei sistemi per renderlo partecipe. Chi ci riesce in un modo o nell’altro ha comunque un merito e gli va riconosciuto.
Al San Babila dal 12 al 14 maggio – Stivalaccioteatro – per info: www.stivalaccioteatro.it