giovedì, Aprile 18, 2024
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Una realtà sempre più presente tra i giovani, il fenomeno degli Hikikomori

di Donatella Swift

Anche le scuole stanno cercando di affrontare un fenomeno che si sta sempre più diffondendo. Li chiamano Hikikomori, un termine giapponese che indica una persona che “sta in disparte”.

Si tratta di una fascia di età, che va dai 14 ai 25 anni, di ragazzi e ragazze che non studiano né lavorano. in buona sostanza è come se vegetassero, rinunciando a priori a vivere una vita propria. Parlano raramente con qualcuno, men che meno con i propri genitori, non escono di casa, scambiano il giorno per la notte, probabilmente per evitare qualsiasi tipo di contatto con il mondo esterno, di cui evidentemente temono moltissimo il giudizio. L’unica loro valvola di sfogo è legata ad Internet, ai Social, magari anche con profili falsi, dei fake. In Giappone, il Paese da cui dicono sia partito questo fenomeno, pare che sia stata superata la preoccupante cifra del milione di giovani, ma anche in Italia questa tendenza sta da qualche anno prendendo piede in maniera sempre più diffusa. È nata anche un’associazione, Hikikomori Italia, che ha lo scopo di monitorare questo particolare stato d’animo che porta moltissimi giovani ad isolarsi.

Ad essere colpite sono le generazioni nate a ridosso del Duemila: qualcuno riesce a sopportare e superare la pressione data dal binomio scuola – lavoro a livello di competizione scolastica o lavorativa, e c’è invece chi decide di mollare tutto e di conseguenza di auto-escludersi. Tutto parte dal non avere più fiducia in se stessi, men che meno nel prossimo, e dal non riuscire più a mantenere un’immagine di sé che piace. In genere sono ragazzi maschi, perché su di loro le pressioni sociali sono più di ampia portata, dalle aspettative legate alla carriera a quelle legate in generale alla sfera lavorativa. Tra i principali sintomi troviamo il rifiuto nell’andare a scuola, perché essa è il primo dei terreni di scontro dovuto alla competitività; e questo non è legato al prendere brutti voti, o meglio non solo, bensì al fatto che non riescano a relazionarsi con compagni e professori. Altro campanello d’allarme è vederli avere preferenze per attività solitarie, come andare sulle chat. Il terzo l’inversione di rotta tra sonno e veglia: questo tipo di ragazzi preferisce le ore notturne perché è lì che si sentono più tranquilli, quando il resto del mondo dorme.

Non si tratta di una persona depressa, bensì di qualcuno che sta soffrendo terribilmente per un disagio personale nello stare al mondo, pertanto c’è bisogno che ad approcciarsi a lui ci sia una persona capace e soprattutto competente in questo ambito, perché conosce a fondo il problema.

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