Uscirà a gennaio 2024, per l’Hot Club di Los Angeles (HCLA), il CD “Nova” realizzato dal gruppo “Nuevo Django” e prodotto da Jim Doyle e Carl Byron.
Ci riferiamo a un ensemble composto da cinque musicisti, ognuno con un eccellente background, che affrontano 15 brani sotto l’ottica del gipsy jazz, sulle orme dell’indimenticato Django Reinhardt, chitarrista belga (morto nel 1953), precursore di questo genere di jazz che mette d’accordo un po’ tutti.
Sì, perché il gipsy jazz è un ibrido, una specie di esperanto musicale che partendo dal jazz classico arriva alla bossanova, pescando dalle canzoni francesi alla tradizione rom. Non dimentichiamo che Django era un sinti, in francese “Monouche”, che visse da gitano nei suoi primi anni di vita in una carovana itinerante tra diversi paesi europei e africani.
Questo tipo di musica ha la caratteristica di saper cogliere le infinite ed esotiche sfumature delle diverse culture che incontra sulla sua strada, interpretando gli umori della gente e spaziando tra generi diversi, pop, country, rock, folk, blues, con grande capacità sincretica.
Nel quintetto questa caratteristica è molto evidente, considerato che la musica dei cinque artisti non tralascia nemmeno le colonne sonore e il dixieland, sempre col gusto della improvvisazione e con quell’allure di nostalgia e ironia con cui guarda al passato senza mai cadere nella malinconia.
La formazione del gruppo, costituitosi nel 2011, comprende Jim Doyle, (batteria, percussioni, cori), Carl Byron (fisarmonica/ pianoforte/ organo/ flauti di Pan/ ocarina/voce), Paul Eckman (contrabbasso), oltre a Josh Workman (chitarra e cori) e Jake Bluenote (chitarra, mandolino, banjo e voce).
Tra i brani presentati dal gruppo, ci piace segnalare due grandi classici della musica francese “Que Reste-t-il de Nos Amours” e “Les Feuilles Mortes” e soprattutto la rivisitazione davvero suggestiva della colonna sonora del film di Federico Fellini “8 e mezzo”, uno dei capolavori di Nino Rota, “Carlotta’s Galop”, in cui davvero sembra di sentire il treno che corre sulle rotaie come un “amarcord” pieno di ricordi sfuggenti ma mai dolorosi.
Qui presentiamo il primo pezzo