giovedì, Aprile 25, 2024
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Non fare di tutte le erbe un fascio

di Donatella Swift

Ha fatto sicuramente scalpore la notizia dello scagionamento di una maestra che era stata “pizzicata” dalle telecamere a maltrattare i bambini che le erano stati affidati. L’accusa nei suoi confronti non lasciava scampo a interpretazioni diverse da quelle immaginabili. La donna era stata infatti accusata del fatto che : “…mediante un comportamento violento e vessatorio, concretantesi in percosse (in particolare schiaffi alla testa, al collo, al braccio e sulle spalle), minacce, insulti e umiliazioni del tipo: quattro schiaffi in faccia e vedi… io sono cattiva quando è il momento di esserlo… non fiatate che vi ammazzo… vi spezzo le gambe… non voglio nemmeno sentire respirare… non me ne importa niente se dicono che umilio i bambini, voglio vedere se a furia di umiliare diventano bravi…”. Era altresì intervenuta la Polizia Giudiziaria, secondo la quale: “L’attività investigativa (2 mesi di videointercettazioni) ha messo in luce una condotta vessatoria dell’indagata (percosse, minacce di schiaffi e altro, insulti e umiliazioni) con abitualità e sistematicità, quale trattamento ordinario dei minori che particolarmente mostravano difficoltà di apprendimento o di attenzione o nel profitto didattico…”. Contestualmente erano stati sentiti diversi genitori della classe in questione, i quali fin da subito si erano divisi in due diversi gruppi, colpevolisti e innocentisti. Il primo gruppo, inferiore quanto a numero, ma decisamente agguerrito, il secondo più numeroso come partecipazione, ma che si era dichiarato assolutamente sconcertato dalle indagini in corso. La stessa Polizia Giudiziaria aveva sottolineato come un alunno, in situazione di disabilità, era stato trattato esattamente come gli altri compagni di classe, quindi anche con rimproveri e minacce nonostante la certificazione della disabilità, quando si distraeva o non capiva. Inoltre sempre la Polizia Giudiziaria se la prendeva anche con l’insegnante di sostegno e l’educatore cui il bambino era stato affidato, e questo anche in presenza delle dichiarazioni della madre del bambino la quale aveva detto che suo figlio non si era mai sentito a disagio, né aveva mai mostrato disagio nei confronti dell’ambiente scolastico – come spesso accade in questi casi ndr – manifestando l’intenzione di andare sempre a scuola. Nonostante ciò le autorità della Polizia Giudiziaria avevano concluso le indagini asserendo che: “È indubbio il clima di tensione ingenerato negli alunni dalla condotta dell’insegnante. Persino coloro che, per (buon) rendimento scolastico non rientrano solitamente nelle mire della maestra, hanno mostrato inequivocabilmente spavento e timore nei suoi confronti. La conferma del clima di tensione e della sofferenza psichica arrecati dall’insegnante ai bambini, oltre ad essere documentata dalla loro reazione visibile nelle immagini captate, è consolidata dalle dichiarazioni dei genitori escussi”. Fin qui una parte delle dichiarazioni raccolte a carico della maestra, come afferma anche Vittorio Lodolo D’Oria, che da anni si batte per il riconoscimento di alcune patologie legate al mondo della scuola, ma volte a delineare i precisi contorni che gravitano ad argomenti così delicati, quali ad esempio l’età spesso avanzata di alcune maestre. Giunti a questo punto Lodolo D’Oria afferma che, viste queste premesse, si sarebbe aspettato una sentenza di ergastolo per la suddetta maestra, anche perché le prove testimoniali erano state accompagnate da immagini ricavate dalle riprese di telecamere a circuito chiuso espressamente installate dalla Polizia Giudiziaria. Ebbene, ecco che – a parere di Lodolo D’Oria – si sarebbe verificato una sorta di “miracolo” che egli stesso riporta citando testualmente le parole della sentenza: “Rileva il giudice che dalla prova regina nel presente procedimento, ovvero dalla visione dei filmati emerge tutt’altro rispetto a quello che era teso a dimostrare. Quello che emerge dai filmati è un clima sereno nella classe i cui alunni non sembrano affatto intimoriti o soggiogati dalla maestra. Anzi, pare una classe vivace (composta da 23 alunni) che partecipa alle lezioni e che la stessa maestra sapeva coinvolgere. Ella è tanto più severa con quelli che non la seguono e si distraggono, quanto affettuosa con quelli bravi… Le asserite violenze non si sono mai esplicate in punizioni corporali quali gli asseriti schiaffi. Non ci sono episodi di schiaffi a mano aperta sulla guancia dei bambini ma, al più, semplici scappellotti dati da dietro e sui vestiti, mentre nel capo d’imputazione si legge: “schiaffi sulla testa, al collo, al braccio e sulle spalle”. Ed ancora, si legge sempre nel dispositivo della sentenza: “L’imputazione è errata perché per schiaffo si intende solo quello dato sulla guancia e non sulle altre parti del corpo (vedi Vocabolario). Per le minacce e le offese, l’imputata ha dimostrato di essere brusca e severa, semmai con un carattere isterico perché grida e dopo un po’ si calma e diventa affettuosa, al limite dello sdolcinato. Del resto molte volte la stessa maestra si pente di aver alzato la voce ed è lei stessa che va a consolare il bambino… Tornando ai filmati i bambini sembrano seguire con attenzione e apprezzare le lezioni della maestra a cui partecipano attivamente con grande trasporto. Non solo, ma la maestra sembra premiare chi la segue e incoraggia a farlo chi è distratto, cercando di coinvolgerlo nella lezione, anche se non ha grandi doti. Nessuno dei genitori ha poi lamentato (per i figli) situazioni di stress, di insonnia, di stati d’ansia, di disturbi del carattere o in genere pericoli per la salute fisica e psichica”.. In questo modo il giudice chiamato a esprimere il suo parere in merito a questa vicenda così delicata ha in pratica sconfessato l’operato degli inquirenti non addetti ai lavori, ed ha tenuto a precisare l’importanza della testimonianza di un genitore, il quale ha dichiarato: “…questo filmato, visto nell’arco temporale di un’ora, assume una certa rilevanza, mentre ne assume una affatto diversa se lo spazio è di 1, 2, 3 mesi. Poi ho anche detto agli altri genitori che se avessero piazzato di nascosto le telecamere in ciascuna delle nostre case, nessuno di noi avrebbe più i figli, perché spesso capita di dire “mo’ ti spezzo in due”, “ora ti spacco la faccia”, ma figuriamoci se uno solo di noi farebbe ciò”. E questo a sottolineare come, se decontestualizzate ed estrapolate per alcuni fini precisi, le immagini possano fornire una realtà diversa, costruita ad hoc. Questo episodio peraltro nulla toglie al fatto che il dilagare di episodi di violenze fisiche e verbali ai danni di bambini sia comunque deprecabile e condannabile, ma bisogna sempre stare attenti a non fare di tutte le erbe un fascio.

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