di Donatella Swift
Con l’avvicinarsi del periodo natalizio, come testimoniano anche panettoni ed alberi di Natale nei centri commerciali, ecco che puntuali come una tassa arrivano notizie di scuole in cui l’arrivo del Natale viene fatto vivere in maniera diversa. Qualche anno fa in un comprensivo di Rozzano il preside vietò l’allestimento del Presepe perché i bambini di altre religioni avrebbero potuto rimanerci male. La storia fece il giro non solo delle redazioni locali, il preside in questione si ritrovò ben presto al centro del circo mediatico ma non si mosse un millimetro dalle sue posizioni. Anche quest’anno arriva la notizia, stavolta da Terni, che una dirigente scolastica avrebbe vietato un’iniziativa legata alla messa in scena di quadri viventi con protagonisti i bambini sulla nascita di Gesù.
Quando leggo notizie del genere mi viene in mente una mia allieva musulmana di qualche anno fa, alla quale chiesi, vista la polemica dell’epoca sui crocefissi nelle aule, se a lei personalmente desse fastidio avere un crocefisso in classe: lei ridendo mi rispose: “assolutamente no, io continuo a credere in ciò in cui credo, ma non pretendo per questo che gli altri si convertano e che rinuncino alle loro tradizioni”.
In un Paese che per decenni ha accolto centinaia di migliaia di stranieri provenienti dalle confessioni più disparate, la risposta di quella ragazza dovrebbe essere d’esempio, a dimostrazione del fatto che lo sradicamento dalle proprie tradizioni ed usanze non ha niente a che vedere con l’accoglienza.